Alcoltest al conducente presso l'abitazione

05.03.2014 09:30

Corte di Cassazione Penale

sez. IV 16 ottobre 2013 n. 42497 
 

Ritenuto in fatto 

-1- A. A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Trieste, del 1° ottobre 2012, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Udine, sezione distaccata di Tolmezzo, che lo ha ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 186 co. 7 del codice della strada e lo ha condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, alla pena di due mesi di arresto, sostituita con la corrispondente pena pecuniaria; con sospensione della patente di guida per un anno e confisca dell'auto. 

-2- Deduce il ricorrente: 

a) Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere i giudici del merito confermato la responsabilità dell'imputato benché lo stesso, al momento del controllo, si trovasse, non sulla pubblica via, bensì in area privata, dove il veicolo era stato parcheggiato; 

b) Violazione di legge e vizio di motivazione in considerazione della mancata sostituzione della pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'art. 186 co. 9 bis del codice della strada. 

Considerato in diritto 

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tardività dello stesso e per la manifesta infondatezza dei motivi proposti. 

-1- Sotto il primo profilo, osserva la Corte che dall'esame degli atti emerge: 

a) che la sentenza impugnata è stata pronunciata, nella contumacia dell'imputato, all'udienza del 1° ottobre 2012, senza indicazione di un termine di deposito diverso da quello ordinario di quindici giorni, ed è stata depositata il 16 ottobre successivo, cioè entro il quindicesimo giorno; 

b) che la notifica dell'avviso di deposito della stessa sentenza è stato all'interessato notificato l'8 novembre 2012; 

c) che il ricorso è stato proposto il 22 dicembre, in tale data essendo stato spedito alla cancelleria del giudice dell'impugnazione, e dunque oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 585 co. 1 lett. b), decorrente dall'8 novembre 2012. 

Di qui, l'inammissibilità dello stesso ricorso per tardività. 

-2- Ulteriore motivo di inammissibilità è rappresentato dalla manifesta infondatezza e dalla genericità ed aspecificità dei motivi proposti. 

In realtà, la corte territoriale ha già chiarito che l'imputato era stato intercettato dai militari operanti mentre transitava, al volante della propria auto, sulla via pubblica tenendo una condotta di guida pericolosa. Giunto nei pressi del posto di controllo, egli aveva repentinamente sterzato ed aveva imboccato una via laterale e, inseguito dagli agenti, si era fermato solo dopo avere raggiunto la sua abitazione, ove aveva parcheggiato l'auto. 

Del tutto legittima, quindi, è stata giustamente ritenuta dalla stessa corte la richiesta degli operatori al A. A. di sottoporsi all'alcoltest, in quanto correttamente riferita alla guida in stato d'ebbrezza in precedenza dallo stesso effettuata e direttamente riscontrata dagli agenti sulla via pubblica. 

Il ricorso, inoltre, che rileva come la richiesta di effettuare l'accertamento fosse stata avanzata quando l'imputato e l'auto di cui era alla guida si trovavano in area privata, si presenta, oltre che manifestamente infondato, anche generico ed aspecifico, poiché ripropone censure già svolte, per nulla rapportate alle argomentazioni poste dal giudice del gravame a sostegno della decisione adottata. 

-3- Analoga manifesta infondatezza presenta il secondo motivo di ricorso, alla stregua del principio affermato da questa Corte (Cass. n. 39777/12) con riguardo al lavoro di pubblica utilità, secondo cui: "In tema di guida in stato di ebbrezza, è legittima la decisione con cui il giudice di appello rigetti la richiesta di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, proposta in relazione a fatto commesso nella previgente normativa, qualora essa sia tardiva e difetti di un'esplicita e contestuale accettazione dell'applicazione della maggior pena base prevista dalla predetta novella legislativa (da sei mesi ad un anno di arresto), necessaria per scongiurare la violazione del principio della "reformatio in peius" (nella specie, la richiesta era stata formulata in sede di conclusione del dibattimento in appello, anziché con il primo atto utile successivo all'entrata in vigore dell'art. 33 della legge 29 luglio 2010 n. 120, introduttivo della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità). 

Nel caso di specie, il ricorrente, non solo ha chiesto di essere ammesso al lavoro di pubblica utilità solo a conclusione del dibattimento d'appello, ma non ha minimamente accennato a dichiarare la propria disponibilità a farsi carico di un trattamento sanzionatorio più gravoso rispetto a quello deciso dal primo giudice. 

All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in euro 300,00. 

P.Q.M. 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 300,00 in favore della cassa delle ammende.