DEVE SEMPRE GARANTIRSI L’ACCESSO AGLI ESPOSTI PRESENTATI ALLA POLIZIA MUNICIPALE CHE RIGUARDANO IL RICHIEDENTE

19.10.2015 09:21


di Marco Massavelli


Al Comando di Polizia Municipale giunge un esposto
scritto: l'Ufficio quindi procede ad effettuare un sopralluogo presso
l'abitazione di un cittadino per accertare "se da parte del suddetto o da parte
della sua compagna, proprietaria di tre cani, vi fosse in atto una violazione
dell'art. 544 ter c.p. - maltrattamento di animali". Il soggetto
interessato venuto informalmente a conoscenza che l'intervento in questione era
stato originato da un esposto, ha presentato, una richiesta di accesso ex lege n. 241/1990 finalizzata al
rilascio di copia del seguente documento: "l'esposto contro di me e ogni
altro documento inerente e conseguente", con la seguente motivazione:
"in quanto soggetto destinatario dell'esposto chiede di prendere visione
per tutelare i propri diritti".

Il Comandante della Polizia
respinge l'istanza precisando che degli esposti o segnalazioni non è possibile
autorizzare il rilascio di copia perché l'accesso agli essi non è consentito ai
sensi della legge 7-8-1990 n. 241, trattandosi di atti interni". E che
quanto richiesto non può essere rilasciato, trattandosi di atto interno
relativo ad indagini di polizia e come tale non accessibile. Si riferisce che
il documento potrà essere rilasciato su richiesta del Giudice nel corso di un
eventuale procedimento giudiziario civile o penale".

Fin qui i fatti, di ordinaria
quotidianità per tutti i Comandi di Polizia Municipale.

Sulla questione è intervenuto il
TAR Toscana, con la sentenza 7 ottobre
2015, n. 1323
, il quale ha dettato alcuni principi fondamentali in materia,
che devono essere conosciuti per il compimento di un efficiente, e corretto
procedimento amministrativo.

Partendo dal presupposto che il
richiedente vanta un interesse qualificato, non emulativo e non riconducibile a
mera curiosità, ad accedere all'atto in questione, anche allo scopo di valutare
eventuali future azioni a sua tutela e che il diniego non può giustificarsi
sulla base di un "diritto all'anonimato" non riconosciuto
dall'ordinamento e su cui comunque prevale il principio della trasparenza
dell'azione amministrativa,  va
innanzitutto premesso che l'oggetto della domanda di accesso risulta identificato
dal ricorrente sulla base delle uniche, scarne informazioni in suo possesso, e dunque
per tale aspetto la domanda non può ritenersi né infondata, né generica.
In ordine all'accesso agli esposti, in generale, la giurisprudenza
amministrativa si è andata consolidando nel senso che "il soggetto che
subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a
conoscere integralmente tutti i documenti utilizzati dall'amministrazione
nell'esercizio del potere di vigilanza, compresi gli esposti e le denunce che
hanno determinato l'attivazione di tale potere (C.d.S., sez. IV, 19 gennaio
2012, n. 231; sez. V, 19 maggio 2009, n. 3081), non ostandovi neppure il
diritto alla riservatezza che non può essere invocato quando la richiesta di
accesso ha ad oggetto il nome di coloro che hanno reso denunce o rapporti
informativi nell'ambito di un procedimento ispettivo, giacché al predetto
diritto alla riservatezza non può riconoscersi un'estensione tale da includere
il diritto all'anonimato di colui che rende una dichiarazione a carico di
terzi, tanto più che l'ordinamento non attribuisce valore giuridico positivo
all'anonimato (C.d.S., sez. VI, 25 giugno 2007, n. 3601).

Non può pertanto seriamente
dubitarsi che la conoscenza integrale dell'esposto rappresenti uno strumento
indispensabile per la tutela degli interessi giuridici del richiedente, essendo
intuitivo che solo in questo modo egli potrebbe proporre eventualmente denuncia
per calunnia a tutela della propria onorabilità" (così Consiglio di Stato,
sez. V, 28 settembre 2012 n. 5132).

D'altra parte, il riconoscimento
di un interesse qualificato ad accedere agli esposti, per la persona che ne è
oggetto, trova conforto nello speculare interesse ad accedere agli atti
dell'amministrazione riconosciuto all'autore di un esposto che abbia dato luogo
a un procedimento lato sensu
sanzionatorio

Ciò detto, si deve poi osservare
che l'art. 24 comma 6 lett. c) della legge n. 241/1990, prevede la possibilità
di sottrarre all'accesso i documenti che "riguardino le strutture, i
mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla
tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della
criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla
identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone
coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle
indagini". Dal canto suo l'art. 329 c.p.p. assoggetta al segreto
istruttorio "gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla
polizia giudiziaria", nei limiti ivi stabiliti.

Dalle disposizioni citate
consegue che le attività di indagine svolte da personale della polizia
municipale quale organo di polizia giudiziaria, sono coperte dal segreto
istruttorio e quindi sottratte all'accesso (cfr. TAR Lazio, sez. II, 6 febbraio
2013 n. 1282). Tra gli atti di indagine, peraltro, non rientra un esposto
all'origine delle attività in questione, che si configura piuttosto come notitia criminis: non si tratta infatti
di un atto posto in essere dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria e
dunque ad esso non si applicano le norme sopra riportate.

Non costituisce "atto di
indagine la notitia criminis
(costituendo essa delle indagini il presupposto): tale principio vale anche quando
(come nella vicenda in esame) all'origine delle indagini di P.G. vi sia
l'esposto di un privato

Il diniego all'accesso va conseguentemente annullato, con ordine al
Comune di consentire l'accesso richiesto.