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07.12.2013 15:18

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - 7 AGOSTO 2013, N. 18759 

1. L´Impresa assicuratrice XXX propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza della Corte d´Appello di Milano, depositata il 5 febbraio 2007, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di rivalsa, proposta dalla predetta compagnia nei confronti del vettore ritenuto responsabile della perdita della merce affidatagli per il trasporto, ritenendo prescritto il diritto azionato. La Impresa YYY resiste con controricorso, chiedendo la conferma della sentenza impugnata, e propone ricorso incidentale sulla base di un unico motivo. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima s entenza (art. 335 c.p.c.).

2. Con entrambi i motivi del ricorso principale, l´Impresa assicuratrice XXX lamenta, in sostanza, che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non interrotto il termine di prescrizione in questione, deducendo, in particolare:

2.1. col primo motivo, deduce "violazione e falsa applicazione dell´art. 2951 c.c. - illogica, omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia". La Corte d´appello avrebbe, dapprima attestato e confermato la piena legittimità e correttezza dell´iter logico-giuridico attraverso il quale il giudice di prime cure aveva risolto la questione dell´ammissibilità del documento (la lettera di interruzione della prescrizione inviata dall´originario titolare del diritto del 19/26 gennaio), che era già di per sé sufficiente a dimostrare l´infondatezza della eccezione di prescrizione, salvo poi dimenticare che tale riconoscimento aveva reso totalmente inutile ogni ulteriore considerazione e approfondimento in merito alla lettera di messa in mora inviata dall´Impresa assicuratrice XXX (quella del 16/22 marzo 2001), essendo il termine di prescrizione già validamente interrotto.

2.2. col secondo motivo, deduce "violazione e falsa applicazione dell´art. 2943 c.c. - illogica, omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia". La Corte territoriale avrebbe, con decisione discutibile e insufficientemente motivata, affermato che la questione dell´interruzione della prescrizione era stata risolta dal Giudice di prime cure "in modo non condivisibile", sostenendo da un lato che "l´atto interruttivo della prescrizione ha natura di atto unilaterale ricettizio" e dall´altro che "solo con la notifica si ha l´effetto interruttivo", richiamando due sentenze con cui la S. C. si sarebbe espressa per fattispecie eterogenee e diverse da quella in oggetto.

3. Nel ricorso incidentale, l´Impresa YYY deduce violazione e falsa applicazione delle norme di diritto (art. 184 - 190 c.p.c.), nella parte in cui la sentenza ha ritenuto ammissibile il documento prodotto da controparte in sede di comparsa conclusionale (raccomandata del 19-26/01/2001). Tale documento non sarebbe stato allegato tempestivamente, tenuto conto che l´eccezione di intervenuta prescrizione era stata sollevata con comparsa di costituzione e risposta depositata nei termini di cui all´art. 166 c.p.c. Di conseguenza, il giudice d´appello non avrebbe tenuto conto che il documento non poteva essere ammesso, stante il rigido regime di preclusioni che regola il processo civile. Formula al riguardo i seguenti quesiti di diritto:

3.1. L´atto interruttivo della prescrizione ex art. 2951 c.c. è da considerarsi "recettizio" e, quindi, nella specie, decorrerebbe dalla spedizione della racco mandata e dalla sua ricezione?

3.2. Ai sensi dell´art. 187 c.p.c., nel caso in cui il giudice istruttore ritenga la causa matura per la decisione in relazione ad una questione di merito avente carattere preliminare, potendo tale decisione definire il giudizio, in sede di comparsa conclusionale è possibile produrre nuovi documenti in relazione ad un´eccezione formulata in sede di comparsa di costituzione e risposta avversaria?

4.1. Il ricorso principale è inammissibile per mancanza in entrambi i motivi dei previsti "quesiti di diritto", nella parte in cui deducono errores in iudicando a norma del n. 3 dell´art. 360, primo comma, c.p.c. e dei "momenti di sintesi" nella parte in cui deducono vizi motivazionali. Quello incidentale è inammissibile, stante la palese inidoneità dei quesiti di diritto formulati.

4.2. Deve, infatti, ribadirsi che, ai sensi dell´art. 366 bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate, come quella in esame, dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 c.p.c., n. 5) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall´art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1), 2), 3), 4) c.p.c., e, qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell´art. 360, primo comma, n. 5, l´illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Pertanto, è necessaria, a pena di inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto nei ricorsi per i motivi previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell´art. 360, primo comma, c.p.c. dato che la norma di cui all´art. 366 bis c.p.c. ha introdotto, anche per l´ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito formale, che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. 12421/10; S.U. n. 23732/07). Inoltre, le parti dei motivi che denunciano un vizio motivazionale sono inammissibili, per violazione dell´art. 366 bis, in quanto non contengono la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa, ovvero delle ragioni per le quali l´insufficienza della motivazione rende la sentenza inidonea a giustificare la decisione, in quanto manca in essi una parte specificamente e riassuntivamente destinata a detto fine (Cass. 16002/07; S.U. 20603/07; 4961/08; 8897/08; 4556/09).

4.3. I motivi sono pertanto privi dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità dalle disposizioni applicabili nella specie nel testo modificato dal d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, essendo stata l´impugnata sentenza pubblicata il 5 febbraio 2007.

5. Senza contare che le censure di cui al ricorso principale non colgono, comunque, nel segno, in quanto la decisione impugnata ha fatto coerente applicazione del consolidato principio, secondo cui la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale, si applica solo agli atti processuali, non a quelli sostanziali (né agli effetti sostanziali degli atti processuali). Questi ultimi, pertanto, producono i loro effetti sempre e comunque dal momento in cui pervengono all´indirizzo del destinatario, a nulla rilevando il momento in cui siano stati dal mittente consegnati all´ufficiale giudiziario od all´ufficio postale (Cass. n. 9303/2012, in tema di ve rifica della tempestività dell´esercizio del diritto di riscatto dell´immobile locato, ai sensi dell´art. 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392; Cass. n. 15671/2011; Cass. n. 9841/2010, in tema di sanzioni amministrative). Il fondamento costituzionale di tale diversità di regime, si desume dalle finalità che hanno messo la Corte Costituzionale a dichiarare la parziale illegittimità del combinato disposto dell´art. 149 c. p. c. e dell´art. 4 c. 3 L. 890/1982. Una di tali finalità è stata proprio l´esigenza di tutelare ex art. 24 Cost., il diritto di difesa in giudizio. Esigenza questa che non può dirsi sussistente quando l´atto trasmesso a mezzo del servizio postale sia un atto stragiudiziale (sul punto v. Cass. n. 17644/2008).

6. Le spese del presente giudizio vanno compensate, stante la reciproca soccombenza.

Per questi motivi

Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Compensa le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2013.