APERTURA GRANDE STRUTTURA DI VENDITA: IL RILIEVO DEL SILENZIO-ASSENSO

22.11.2016 14:29

di Marco Massavelli

Vice Comandante Polizia Municipale Druento (TO)

 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4472, del 26 ottobre 2016, interviene in materia di silenzio-assenso applicato ad una istanza di apertura di una grande struttura di vendita.

Il Giudice Amministrativo ha ritenuto che il Comune, erroneamente, ha sostenuto che l’assenza di un apporto istruttorio spettante ad una delle amministrazioni coinvolte nel procedimento conseguente all’istanza di un privato impedisse la formazione del titolo commerciale per silenzio, quando invece il modello del silenzio-assenso è richiamato proprio per ovviare a una tale assenza quando non sia imputabile al privato.

La norma di riferimento è l’articolo 9, decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”

L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita, sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio.

Nella domanda, da presentarsi al comune competente per territorio, l’interessato deve dichiarare:

a)     di essere in possesso dei requisiti morali e/o professionali per accedere all’attività di vendita nei settori alimentare/non alimentare, di cui all’articolo 5, decreto legislativo 114/98;

b)    il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio.

La domanda di rilascio dell’autorizzazione deve essere esaminata da una conferenza di servizi indetta dal comune, entro 60 giorni dal ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la regione, la provincia e il comune medesimo, che decide in base alla conformità dell’insediamento ai criteri di programmazione della rete distributiva, a norma dell’articolo 6, decreto legislativo 114/98: le Regioni, infatti, erano obbligate a definire gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali, perseguendo gli obbiettivi individuati dalla norma, e a fissare i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, per l’adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.

Le Regioni, inoltre, avrebbero dovuto adottare le norme sul procedimento concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita, stabilendo il termine comunque non superiore a 120 giorni dalla data di convocazione della Conferenza di servizi entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venisse comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro 90 giorni dalla convocazione; il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione.

Alle riunioni della conferenza di servizi, svolte in seduta pubblica, partecipano a titolo consultivo i rappresentanti dei Comuni contermini, delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio più rappresentative in relazione al bacino d’utenza dell’insediamento interessato. Ove il bacino d’utenza riguardi anche parte del territorio di altra Regione confinante, la conferenza dei servizi ne informa la medesima e ne richiede il parere non vincolante ai fini del rilascio della autorizzazione.

L’istituto della Conferenza di servizi è disciplinato dagli articoli 14 e segg., legge 241/90.

Tali norme hanno subito importanti modificazioni da parte del decreto legislativo n. 127/2016.

In particolare, l’articolo 14-ter, comma 7, specifica che:

7. All'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione, ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.

La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall'amministrazione procedente all'esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.

Si presti attenzione all’inciso secondo cui “si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni”, in relazione al disposto dell’articolo 9, decreto legislativo 114/98 per cui “il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione”.

In relazione al silenzio-assenso, l’articolo 14-bis, legge 241/90 precisa che entro il termine di cui al comma 2, lettera c), le amministrazioni coinvolte rendono le proprie determinazioni, relative alla decisione oggetto della conferenza. Tali determinazioni, congruamente motivate, sono formulate in termini di assenso o dissenso e indicano, ove possibile, le modifiche eventualmente necessarie ai fini dell'assenso. Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedono l'adozione di provvedimenti espressi, la mancata comunicazione della determinazione entro il termine previsto, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti stabiliti dalla legge, equivalgono ad assenso senza condizioni. Restano ferme le responsabilità dell'amministrazione, nonché quelle dei singoli dipendenti nei confronti dell'amministrazione, per l'assenso reso, allorché implicito.

Nel caso di specie, il Comune territorialmente competente aveva indetto una Conferenza di servizi per il rilascio di autorizzazione per l’apertura di una grande struttura di vendita, a norma dell’articolo 9, decreto legislativo n. 114/98.

Alla Conferenza non aveva partecipato il rappresentante della Regione, e la Regione non aveva reso alcuna determinazione relativa alla decisione oggetto della Conferenza; i lavori erano stati rinviati a data da destinarsi, per consentire la partecipazione del rappresentante regionale.

Il Comune quindi aveva emanato un provvedimento che aveva negato la formazione del silenzio-assenso sull’istanza per il rilascio dell’autorizzazione per l’apertura della grande struttura di vendita.

Il Consiglio di Stato specifica che in primo luogo, deve escludersi che l’errata convocazione del rappresentante della Regione possa impedire la formazione della fattispecie legale di silenzio-assenso.

Laddove l’errore commesso dal Comune nel convocare il rappresentante regionale alla conferenza di servizi fosse considerato ostativo alla formazione del silenzio-assenso, le finalità di semplificazione procedimentale e responsabilizzazione delle amministrazioni competenti sarebbero facilmente frustrate.

Infondata è l’ulteriore questione, secondo cui la determinazione assunta dalla conferenza di servizi di aggiornare i lavori a data da destinarsi, al fine di consentire la partecipazione del competente rappresentante della Regione, avrebbe impedito la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di apertura della nuova grande struttura di vendita.

Con il rinvio deciso dalla conferenza si è in realtà determinato un arresto del procedimento avviato sull’istanza autorizzativa dell’interessato, privo di manifestazioni di volontà sul merito dell’istanza, quand’anche implicite.

Non può accettarsi una ricostruzione della normativa tale per cui va equiparato a un provvedimento espresso impeditivo del silenzio-assenso qualsiasi determinazione assunta in sede di conferenza di servizi, finanche di arresto o di mero impulso del procedimento.

Sostenere che l’assenza di un apporto istruttorio spettante ad una delle amministrazioni coinvolte nel procedimento conseguente all’istanza impedisca la formazione del titolo commerciale per silentium - quando invece il modello del silenzio-assenso è richiamato proprio per ovviare a una tale assenza quando non sia imputabile al privato istante - equivarrebbe a privare lo schema procedimentale della certezza così ricercata dalla legge circa il rispetto dei tempi del procedimento, ricorrendo all’istituto del silenzio-assenso.

La legge prevede che il titolo commerciale possa formarsi anche a prescindere da un comportamento diligente delle amministrazioni interessate nella conduzione del procedimento e da una loro manifestazione di volontà a conclusione.