Attività di acconciatore: alcune forme particolari di esercizio non sempre autorizzabili

11.01.2017 16:10

di Marco Massavelli

Ufficiale Settore Operativo Polizia Locale Rivoli (TO)

Si prende spunto da alcuni pareri del Ministero dello Sviluppo Economico per approfondire una argomento di grande attualità, anche da un punto di vista del controllo da parte dei competenti uffici comunali e della polizia municipale, oltre che della polizia tributaria, per quanto concerne gli aspetti fiscali.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, con nota prot. n. 325777 del 17 ottobre 2016, ha fornito interessanti chiarimenti in riferimento all’esercizio dell’attività di acconciatore fuori dai locali dell’impresa.

La disciplina dell’attività professionale degli acconciatori è prevista attualmente dalla legge 17 agosto 2005, n. 174.

Innanzitutto, l’attività professionale di acconciatore comprende tutti i trattamenti e i servizi volti a  modificare, migliorare,  mantenere  e  proteggere l'aspetto  estetico  dei  capelli,   ivi   compresi   i   trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario, nonche'  il  taglio  e  il  trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare.

L’esercizio dell’attività di acconciatore è soggetto a SCIA da presentare allo SUAP territorialmente competente in riferimento alla sede dell’impresa.

Il comma 3, dell’articolo 2, legge 174/2005, precisa che l'attività di acconciatore può essere svolta  anche presso  il domicilio dell'esercente ovvero presso la sede designata dal cliente, nel rispetto dei criteri stabiliti  dalle  leggi  e  dai  regolamenti regionali.

Viene fatta, inoltre, salva la possibilità di esercitare l'attività di acconciatore nei luoghi di cura o di riabilitazione, di detenzione e nelle caserme o in  altri  luoghi  per  i  quali  siano  stipulate convenzioni con pubbliche amministrazioni.

Il quesito posto al Ministero riguarda la possibilità per un acconciatore, in possesso della qualifica, titolare di un proprio negozio e regolarmente iscritta alla camera di commercio, di prestare servizio di acconciatore saltuariamente presso una casa di riposo.

E’ la casa di riposo che deve presentare la SCIA per iniziare l’attività di acconciatore presso i propri locali, iscrivendosi alla camera di commercio come impresa artigiana e nominando la succitata acconciatrice quale direttore tecnico? E l’acconciatore può/deve ricevere compenso direttamente dall’ospite della casa di riposo?

Fermo restando il divieto di svolgimento dell’attività professionale «in forma ambulante o di posteggio» sancito dal comma 4, dell’articolo 2, la disciplina normativa di riferimento non vieta all’acconciatore di prestare il proprio servizio presso i locali di una casa di riposo.

Di regola, precisa il Ministero, le leggi e i regolamenti regionali rimandano all’identificazione delle esigenze del cliente che richiedono eccezionalmente l’intervento dell’acconciatore presso il proprio domicilio o presso altro luogo ove egli si trova, ricomprendendovi in ogni caso le esigenze connesse a motivi di salute del cliente destinatario del servizio, mentre per altro verso recano la prescrizione dei requisiti igienici al cui rispetto è in ogni caso tenuto l’operatore professionale.

Lo svolgimento di attività di acconciatore, nel caso di specie, presso una casa di cura, è altresì consentito, anche in modo non saltuario, dalla disposizione citata che fa salva la possibilità di esercitare la suddetta attività nei luoghi di cura o di riabilitazione, di detenzione e nelle caserme: in questo caso, devono essere rispettate, comunque, le disposizioni in materia di SCIA, di requisiti igienico-sanitari, contrattuali e fiscali.

Indipendentemente dal luogo ove l’attività di acconciatore venga svolta, fuori dai locali dell’impresa, anche in modo saltuario, come nel caso oggetto del quesito posto al Ministero, non si ritiene  configurabile la fattispecie consistente nella presentazione da parte dell’istituto di cura di «una scia per iniziare l’attività di acconciatore presso i propri locali, iscrivendosi alla camera di commercio come impresa artigiana e nominando la succitata acconciatrice quale direttore tecnico».

La titolarità e la responsabilità dell’attività di acconciatore va in ogni caso ricondotta in capo all’impresa: è quindi l’impresa a dover presentare apposita SCIA allo SUAP territorialmente competente in relazione al luogo ove viene svolta l’attività, anche saltuaria, fuori dai locali dell’impresa stessa.

Alla casa di cura, nel caso di specie, spetta la regolamentazione dei rapporti giuridici privatistici, mediante contratto di diritto privato, secondo le vigenti disposizioni normative in materia, con l’impresa di acconciatore che svolge l’attività.

Per quanto riguarda il pagamento del compenso nei confronti dell’acconciatore, a parere del Ministero, dovrà variare in relazione alle concrete modalità con le quali è stato regolamentato tra le parti (impresa di acconciatore e casa di cura) il rapporto. Nessuna norma vieta che sia direttamente l’ospite della casa a retribuire immediatamente il servizio ricevuto o sia la casa di cura che retribuisca periodicamente, secondo gli accordi contrattuali stipulati con l’acconciatore, il servizio offerto ai propri ospiti, sempre nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia fiscale.

 

Sempre in materia di acconciatori, e di modalità di esercizio dell’attività, il Ministero dello Sviluppo Economico, con nota prot. n. 433949, del 29 dicembre 2016, ha risposto ad un quesito relativo alla possibilità di svolgimento dell’attività di acconciatore in una peculiare forma itinerante.

Si tratterebbe dell’espletamento di « un’attività di impresa di acconciatore itinerante c.d. HAIR TRUCK», il cui «elemento connotante (…) [è] quello di prestare servizio di coiffeur on the road (detersione, taglio e asciugatura) attraverso l’impiego di un veicolo speciale munito permanentemente di specifiche attrezzature e adibito a salone per acconciatore».

Tale forma di esercizio dell’attività di impresa è conforme alla normativa vigente?

Al caso di specie è applicabile il disposto dell’articolo 3, legge 17 agosto 2005, n. 174, recante “Disciplina dell’attività di acconciatore”?

L’articolo 2, legge n. 174/2005, al comma 1, definisce l’attività professionale  di acconciatore esercitata in forma di impresa come quella comprendente tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l'aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari, che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario, nonche' il taglio e il trattamento estetico della barba, e ogni altro servizio inerente o complementare.

Al comma 3 precisa che l'attività di acconciatore può essere svolta anche presso il domicilio dell'esercente ovvero presso la sede designata dal cliente,facendo ulteriormente salva la possibilità di esercitare tale attività anche nei luoghi di cura o di riabilitazione, di detenzione e nelle caserme o in altri luoghi per i quali siano stipulate convenzioni con pubbliche amministrazioni.

Il successivo comma 4, invece, vieta lo svolgimento dell'attività di acconciatore in forma ambulante o di posteggio.

Emerge con chiara evidenza che la fattispecie concreta descritta debba essere pienamente ricondotta alle norme sopra brevemente richiamate, trovando in esse la propria disciplina. In particolare, l’offerta del servizio con le modalità descritte, ovvero mediante l’utilizzo di un «veicolo speciale» appositamente adattato ed attrezzato per la prestazione in esso dell’attività di acconciatura, deve al di là di ogni dubbio qualificarsi come esercizio in forma ambulante, risultando perciò ostativa rispetto a tale ipotesi la norma di cui all’articolo 2, comma 4,  legge 174/2005.

Il decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, recante “Misure urgenti in materia di concorrenza, liberalizzazioni e infrastrutture”, all’articolo 1, previsto in attuazione del principio di libertà di iniziativa economica sancito dall'articolo 41, Costituzione e del principio di concorrenza sancito dal Trattato dell'Unione europea, l’abrogazione delle:

a) norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell'amministrazione comunque denominati per l'avvio di un'attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l'ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità;
b) norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l'avvio di nuove attività economiche o l'ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l'offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti.

Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica.

Ma, si ritiene che il divieto di esercizio dell’attività di acconciatore in forma ambulante, posto dalla norma contestata, risulti invero pienamente giustificato dal perseguimento dei motivi imperativi di interesse generale connessi ai profili della sanità pubblica e della tutela dell’ambiente, nonché della protezione dei consumatori e dei destinatari dei servizi, e non ricada dunque nel novero delle disposizioni di legge da intendersi abrogate in forza delle norme di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 1 del decreto-legge 1/2012.

Alla luce della vigente disciplina normativa in materia di prestazione dell’attività professionale di acconciatura, Il Ministero ha ritenuto quindi, di esprimere parere negativo, stante la perdurante vigenza, allo stato, di un divieto di prestazione del servizio in forma ambulante.

E’ necessario inoltre, evidenziare alcuni aspetti in relazione al veicolo speciale munito permanentemente di specifiche attrezzature e adibito a salone per acconciatore.

L’articolo 54, codice della strada, definisce “gli autoveicoli”; il comma 2, specifica che nel regolamento sono elencati, in relazione alle speciali attrezzature di cui sono muniti, i tipi di autoveicoli da immatricolare come autoveicoli per trasporti specifici ed autoveicoli per usi speciali.

L’articolo 203, regolamento di esecuzione c.d.s., classifica, ai sensi dell’articolo 54, comma 2, codice della strada, come autoveicoli per trasporti specifici gli autoveicoli dotati di una delle carrozzerie permanentemente installate elencate nel medesimo articolo 203; il comma 2 prevede che siano classificati per uso speciale gli autoveicoli ivi elencati.

Nelle due elencazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 203, non sembra previsto un veicolo speciale munito permanentemente di specifiche attrezzature e adibito a salone per acconciatore.

Per cui, anche da un punto di vista del veicolo e di circolazione stradale, l’attività di acconciatore in forma ambulante, mediante l’utilizzo di uno speciale veicolo non sarebbe stata possibile autorizzarla.