Contrasto alla ludopatia: legittime le ordinanze sindacali

27.07.2017 17:24

di Marco Massavelli

Ufficiale Settore Operativo Polizia Locale Rivoli (TO)

 

Il TAR Piemonte, con la sentenza n. 839, dell’11 luglio 2017, in materia di ludopatia, e di legittimità delle ordinanze sindacali di disciplina, e riduzione, dell’orario di apertura delle sale giochi, e di utilizzo, in particolare, delle c.d. slot machine, ci consente, con questo approfondimento, di fare il punto della situazione in merito agli interventi del Comune per arginare il fenomeno della ludopatia, a tutela della salute pubblica.

La “ludopatia” è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità come “patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro”: in tal senso si esprimeva l’articolo 5 comma 2, decreto legge 13 settembre 2012, n. 58, convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, recante “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute”,  ora abrogato, che aveva esteso i livelli essenziali di assistenza alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da tale patologia.

 

DECRETO-LEGGE 13 settembre 2012, n. 158

 

Articolo  5

 

Aggiornamento dei livelli essenziali di  assistenza  con  particolare

riferimento alle persone affette da malattie croniche, da  malattie rare, nonche' da ludopatia

 

1. Nel rispetto degli equilibri programmati  di  finanza pubblica, con la procedura di cui all'articolo 6, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge  18   settembre   2001,   n.   347, convertito,   con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, con decreto  del Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  da  adottare  entro  il  31 dicembre 2012, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province autonome di Trento e di Bolzano, si  provvede  all'aggiornamento  dei livelli essenziali di assistenza ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, con prioritario  riferimento  alla   riformulazione   dell'elenco   delle malattie croniche di cui al decreto del  Ministro  della  sanita'  28 maggio 1999, n. 329, e delle malattie rare  di  cui  al  decreto  del Ministro della sanita' 18 maggio 2001, n. 279, al fine di  assicurare il bisogno  di  salute,  l'equita'  nell'accesso  all'assistenza,  la qualita' delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze.

2. Con la medesima procedura di cui al comma 1 e nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica, si provvede ad  aggiornare i livelli essenziali di assistenza con riferimento  alle  prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti  affetti da sindrome da gioco con  vincita  in  denaro,  cosi'  come  definita dall'Organizzazione mondiale della sanita' (G.A.P.).

 

Il legislatore nazionale è in anni recenti ripetutamente intervenuto nella materia, peraltro in modo disorganico.
Nella sentenza 11 maggio 2017 n 108 la Corte Costituzionale ha ricordato che il citato decreto legge 13 settembre 2012 n. 158 ha previsto all’articolo 7, commi 4 e seguenti, “una serie di disposizioni intese a contrastare l’insorgenza di detta patologia”; ciò ha fatto (comma 10) con particolare riferimento alla “progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera a), del TULPS – ossia con le cosiddette slot machines – che risultino ubicati in prossimità di luoghi “sensibili” (in specie, istituti di istruzione primaria e secondaria, strutture sanitarie e ospedaliere, luoghi di culto, centri socio-ricreativi e sportivi)”. Il tutto nell’ambito di “Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute” (questo il titolo del decreto-legge citato).
È successivamente intervenuta la legge 11 marzo 2014 n. 23 (“Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”) che, all’articolo 14, rubricato “Giochi pubblici”, ha delegato il Governo “ad attuare, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, in quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi” (comma 1). Ciò anche allo scopo di corrispondere “all'esigenza di prevenire i fenomeni di ludopatia ovvero di gioco d'azzardo patologico e di gioco minorile” (comma 2 lett. a).
Con la legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di stabilità 2016) è stato infine disposto (articolo 1 comma 936):

 

“Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 88 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell'ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti”.

 

In questo quadro normativo, numerose Regioni hanno adottato leggi organiche in materia di prevenzione e contrasto del gioco d’azzardo patologico (GAP o ludopatia).

Tra queste, la Regione Piemonte, che ha approvato la legge regionale 2 maggio 2016 n. 9, intitolata “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”. Tale legge prevede che il Consiglio regionale approvi (articolo 3) un “Piano integrato per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco d’azzardo patologico”; e disciplina, tra l’altro, la “collocazione degli apparecchi per il gioco lecito” (articolo 5) e le “limitazioni all’esercizio del gioco” (articolo 6).

A valle, sono poi intervenuti numerosi Comuni del Piemonte che, attraverso ordinanze sindacali o regolamenti adottati dall’organo consiliare, hanno dettato specifiche norme riguardanti la disciplina in ambito locale delle sale giochi e degli apparecchi utilizzati per i giochi consentiti ai sensi dell’articolo 110 del TULPS.

Nel ricorso deciso dal TAR Piemonte, con la sentenza in commento, la titolare di autorizzazioni rilasciate dal Questore, ai sensi dell’articolo 88 del TULPS, per l’attività di raccolta del gioco attraverso l’installazione di apparecchi VLT in due esercizi chiede l’annullamento dell’ordinanza sindacale adottata ai sensi dell’articolo 50, comma 7 del TUEL, con cui è stato stabilito il seguente orario di funzionamento degli apparecchi e congegni per il gioco di cui all’art.icolo110 commi 6 e 7 del T.U.L.P.S. all’interno delle sale gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali, dei circoli privati e di tutti i locali pubblici o aperti al pubblico:
dalle ore 14:00 alle ore 18:00 e dalle ore 20:00 alle ore 24:00 di tutti i giorni, compresi i festivi.

Alcune delle censure formulate dalla ricorrente ci consentono di ragionare da un punto di vista giuridico a favore del potere del Sindaco di adottare ordinanze in tal senso.

 

 Dispone l’articolo 50, comma 7, decreto legislativo n. 267/2000:

 

“7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti. Il Sindaco, al fine di assicurare le esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti in determinate aree delle città interessate da afflusso di persone di particolare rilevanza, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, può disporre, per un periodo comunque non superiore a sessanta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche”.

(comma così modificato dall'articolo 8, comma 1, lettera a), legge n. 48/2017)


Che l’ordinanza sindacale di cui all’articolo 50, comma 7, TUEL, possa essere utilizzata dalle amministrazioni comunali per disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature per il gioco è stato confermato di recente dalla Corte Costituzionale con sentenza 18 luglio 2014 n. 220; ha osservato la Corte che  “così come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa di legittimità e di merito, proprio la disposizione censurata [art. 50 comma 7 TUEL] può fornire un fondamento legislativo al potere del sindaco di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature per il gioco...”.

In particolare, la Corte ha richiamato l'evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità sia di merito, la quale "ha elaborato un'interpretazione dell'art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione": ciò, nel senso che, in forza della generale previsione dell'art. 50, comma 7, cit., "il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale".

Per adottare il provvedimento impugnato, il Sindaco avrebbe dovuto attendere che il Consiglio Comunale esprimesse i necessari indirizzi?

Secondo condivisibili principi giurisprudenziali, la mancata approvazione di indirizzi da parte del consiglio comunale non paralizza l'attività del Sindaco: il Sindaco, infatti, ha il potere di regolare gli orari degli esercizi indipendentemente dal previo atto di indirizzo consiliare, posto che l'articolo 50, comma 7, decreto legislativo n. 267/2000, impone un vincolo di conformità all'ordinanza del Sindaco solo laddove gli indirizzi del consiglio comunale siano già stati espressi, ma non subordina l'esercizio del potere di fissare gli orari alla previa adozione di un atto di indirizzo del consiglio comunale.
E’ stato affermato, a questo riguardo, che “Un'ordinanza sindacale, avente ad oggetto gli orari di apertura delle sale da gioco, non deve essere necessariamente adottata «sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, come previsto dall'art. 50 comma 7, t.u. 18 agosto 2000, n. 267, atteso che, per quanto riguarda i criteri regionali, la suddetta norma, con l'inciso «eventualmente indicati» ha testualmente escluso la tassatività e obbligatorietà di tali criteri regionali, con la conseguenza che non ha alcun rilievo giuridico la loro mancanza; inoltre la mancata approvazione di indirizzi espressi dal Consiglio comunale non paralizza l'attività del Sindaco, titolare del relativo potere di ordinanza, ma comporta per lui un legittimo e più ampio esercizio della propria discrezionalità nell'individuazione delle misure ritenute più efficaci per il perseguimento delle finalità perseguite, senza previa fissazione di vincoli da parte del Consiglio” (Consiglio di Stato sez. V, 01 agosto 2015 n. 3778; T.A.R. Venezia sez. III 16 luglio 2015 n. 811; T.A.R. Lazio-Roma sez. II 02 aprile 2010 n. 5619).

 

 

Inoltre, l’ordinanza sindacale si configura come atto amministrativo generale: trova quindi applicazione l’articolo 13, legge n. 241/1990, che, al primo comma, statuisce che le norme sulla partecipazione “non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.

L’Amministrazione non aveva dunque nessun obbligo di confrontarsi preventivamente con le associazioni di categoria degli operatori del settore, né tantomeno con i singoli soggetti interessati.

L’ordinanza sindacale impugnata, nel sottoporre a limitazioni temporali l’utilizzo degli apparecchi da gioco con vincita in denaro di cui all’articolo 110, commi 6 e 7, TULPS, e non altre tipologie di giochi, ha dato legittima applicazione alla legge regionale piemontese n. 9/2016, il cui articolo 6 ha previsto l’introduzione da parte dei comuni di limitazioni temporali con specifico riferimento all’esercizio del gioco “tramite gli apparecchi di cui all’art. 110 commi 6 e 7 del TULPS”; sicchè censure di disparità di trattamento potrebbero essere formulate, tutt’al più, sotto forma di eccezioni di incostituzionalità della citata legge regionale.

In relazione alla disciplina dei giochi leciti, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo più volte di affermare la più elevata pericolosità, ai fini del rischio di determinare forme di dipendenza patologica, dei giochi cui si riferisce il provvedimento impugnato, evidenziando che gli apparecchi a ciò destinati, “per la loro ubicazione, modalità, tempistica, danno luogo - più di altre - a manifestazioni di accesso al gioco irrefrenabili e compulsive, non comparabili, per contenuti ed effetti, ad altre forme di scommessa che possono anch'esse dare dipendenza, ma in grado ritenuto (ragionevolmente) dal legislatore di gravità ed allarme sociale assai minore e, perciò, non necessitante di apposita e più stringente tutela preventiva mirata” (TAR Trento, sez. I, 10 luglio 2013, n. 221; TAR Milano, sez. I, 13 marzo 2015, n. 706 e 8 luglio 2015, n. 1570; TAR Venezia, sez. III, 27 settembre 2016, n. 1081).
E’ stato sottolineato, in particolare che, tra i giochi leciti con vincita in denaro, "slot machine e videolottery paiono i più insidiosi nell'ambito del fenomeno della ludopatia, in quanto, a differenza dei terminali per la raccolta delle scommesse, implicano un contatto diretto ed esclusivo tra l'utente e la macchina, senza alcuna intermediazione umana volta a disincentivare, per un normale meccanismo psicologico legato al senso del pudore, l'ossessione del gioco, specie nella fase iniziale del processo di dipendenza patologica" (così TAR Venezia, sez. III, 27 settembre 2016 n. 1081; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 706; Id., 8 luglio 2015, n. 1570).
La maggiore pericolosità di tali tipi di apparecchi è supportata da fonti scientifiche: fra i numerosi contributi merita di essere segnalato lo studio "Dipendenze Comportamentali/Gioco d'azzardo patologico: progetto sperimentale nazionale di sorveglianza e coordinamento/monitoraggio degli interventi" curato dal Ministero della Salute, nel quale si afferma, tra l’altro, che “le lotterie istantanee, per le loro caratteristiche legate alla “velocità”, “facilità” e “diffusione” nei contesti quotidiani (supermercati, bar, tabacchi, ecc.), fanno parte dei cosiddetti “giochi hard”, cioè a più rischio di creare un legame di dipendenza, e maggiormente capaci di intercettare fasce di popolazione finora più estranee al gioco d’azzardo (bambini, casalinghe, anziani, famiglie)”.

Il TAR Piemonte sottolinea come non vi sia disparità di trattamento con riferimento non intaccato dai provvedimenti sindacali,  tenuto conto che l’amministrazione comunale non ha il potere di intervenire su tale tipologia di gioco e che la parità di trattamento si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento.
In ogni caso, il principio di uguaglianza impone discipline eguali per situazioni eguali e discipline diverse per situazioni diverse, con il limite generale di proporzionalità e ragionevolezza. Da ultimo, l’uniformità di regolamentazione oraria stabilita dall’amministrazione comunale per le sale giochi dedicate e gli altri pubblici esercizi con attività promiscua appare ragionevolmente giustificata dall’intento di prevenire la trasmigrazione degli utenti dall’una all’altra tipologia di esercizi, fenomeno che verosimilmente si verificherebbe in caso di diversificazione degli orari.

Nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale.

Possono qui richiamarsi, in sintesi: la raccomandazione 2014/478/UE del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line; il decreto legge n. 158 del 2010, che ha introdotto numerose misure di contrasto al gioco d’azzardo on line e off line; l’art. 14 della legge n. 23 del 2014, recante la delega al Governo per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici volta a prevedere disposizioni per la tutela dei minori e per contrastare il gioco d’azzardo patologico; la legge n. 190 del 2014, che ha trasferito presso il Ministero della Salute l’Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo ed il fenomeno della dipendenza grave; le numerose leggi regionali, che demandano agli enti locali l’adozione di misure di prevenzione, contrasto e riduzione del rischio della dipendenza da gioco d’azzardo patologico.
L’articolo 41, Costituzione afferma il principio della libertà dell’iniziativa economica privata, ma stabilisce che la stessa “non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

Secondo la ricorrente, l’irragionevolezza, la disparità di trattamento, il difetto di proporzionalità, la violazione del legittimo affidamento caratterizzanti, o conseguenti, all’ ordinanza sindacale comporterebbero anche lo “svuotamento” della libertà di iniziativa economica privata del ricorrente.
Così non è. il provvedimento impugnato si configura come legittimo esercizio dei poteri attribuiti all’Amministrazione comunale; ne consegue che non possono ritenersi illegittimi i limiti imposti all’attività del ricorrente per effetto dell’adozione dell’atto in questione, limiti che risultano compatibili con i principi enunciati dall’articolo 41, Cost.
D’altra parte si deve sottolineare che gli interventi in materia di contrasto del gioco d’azzardo patologico sono ispirati in via preminente a finalità di tutela della salute (in tal senso si è espressa la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 108 del 2017); e allora vale quanto condivisibilmente affermato dal TAR Napoli, sez. III, nella sentenza 3 maggio 2017 n. 2347 secondo cui è in rapporto a tale preminente esigenza, tutelata dall’articolo 32 Cost., che va valutata l’estensione della libertà di iniziativa economica: e in questo rapporto la libertà di cui all’articolo 41 Cost. si trova in una “posizione di subordinazione rispetto al diritto alla salute”.

Tutto ciò premesso, quindi, le ordinanze sindacali aventi ad oggetto la limitazione temporale all’esercizio del gioco tramite gli apparecchi e congegni automatici da gioco e intrattenimento di cui all’articolo 110, commi 6° e 7°, T.U.L.P.S., all’interno delle sale gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali, dei circoli privati e di tutti i locali pubblici od aperti al pubblico, adottate a norma dell’articolo 50, comma 7, decreto legislativo n. 267/2000, devono ritenersi legittime.