ESERCIZI DI VICINATO E CONSUMO SUL POSTO: ALCUNE PRECISAZIONI OPERATIVE DEL MINISTERO

29.12.2016 17:29

di Marco Massavelli

Vice Commissario Settore Operativo Polizia Municipale Rivoli (TO)

 

Interessante intervento del Ministero dello Sviluppo Economico, sia per gli Uffici SUAP, chiamati a verificare le richieste e le SCIA presentate al Comune per l’apertura delle diverse attività di vendita e di somministrazione, sia per i Comandi di Polizia Municipale, i quali, invece, hanno compiti di vigilanza in materia di commercio e di polizia amministrativa.

Con Risoluzione n. 372321, dello scorso 28 novembre, il Ministero fornisce alcune puntualizzazioni in materia di consumo sul posto di prodotti di gastronomia all'interno degli esercizi di vicinato.

 

Innanzitutto, la normativa di riferimento.

 

L’articolo 3, comma 1, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito con la legge 4 agosto 2006, n. 248, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” ha ha introdotto il principio in base al quale negli esercizi di vicinato, nel solo caso in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare, il consumo sul posto di prodotti di gastronomia non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla nuova disposizione, ovvero la presenza di arredi nei locali dell’azienda ed esclusione del servizio assistito di somministrazione.

 

Art. 3.

Regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione

commerciale

 

1. Ai sensi delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi ed al fine di garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di pari opportunita' ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonche' di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilita'

all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m), della Costituzione, (( le attivita' commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande )) sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni:

 

f-bis) il divieto o l'ottenimento di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti di gastronomia presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.

 

 

 

L’articolo 4, comma 2- bis, dello stesso decreto consente il consumo sul posto anche ai titolari di impianti di panificazione con le stesse modalità applicative cui devono sottostare i titolari di esercizi di vicinato.

 

Art. 4.

Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attivita' di produzione di pane

 

2-bis. E' comunque consentita ai titolari di impianti di cui al comma 2 (l'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti) l'attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda

 

 

Infine, ai sensi del comma 8 bis dell’articolo 4, decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, anche agli imprenditori agricoli è consentito effettuare il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo, con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni generali di carattere igienico sanitario.

 

Art. 4.
Esercizio dell'attivita' di vendita

 

8-bis. In conformità a quanto previsto dall’articolo 34 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nell’ambito dell’esercizio della vendita diretta è consentito il consumo immediato dei prodotti oggetto di vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo, con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni generali di carattere igienico-sanitario.

 

 

Già con precedenti Risoluzioni, il Ministero aveva ritenuto normalmente ammissibile solo l’utilizzo di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza ed alla capacità ricettiva del locale nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere e la presenza di  un limitato numero di panchine o altre sedute non abbinabili ed eventuali piani di appoggio, essendo  invece tipica di bar e ristoranti la consumazione seduti al tavolo, anche se eventualmente svolta con  modalità self service (cfr. n. 174884 del 29 settembre 2015  e n.  75893 dell’8 maggio 2013).

 

Sulla questione è anche intervenuta l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,  la quale con la segnalazione S2605 del 2016,, ha formulato alcune osservazioni in merito alle  distorsioni concorrenziali che potrebbero a suo avviso derivare dai citati  pareri del Ministero in materia di consumo sul posto, considerati  ingiustificatamente restrittivi (cfr. parere n. 75893 dell’85- 2013; parere n. 146342 del 19-8-2014; parere n. 86321 del 9-6-2015). 

Ad avviso dell’Autorità, infatti, l’interpretazione suggerita nelle richiamate risoluzioni, incentra l’elemento distintivo tra l’attività di somministrazione di alimenti e bevande e l’attività di vendita sulla modalità di consumo dell’offerta, in termini di attrezzatura utilizzabile per consentire il consumo sul posto, non risultando aderente alle nuove abitudini di consumo e suscettibile di limitare le possibilità di scelta dei consumatori, creando altresì un’indebita discriminazione fra i vari operatori del settore.

Tali risoluzioni, infatti, non terrebbero conto del fatto che già il decreto legge n. 223 del 2006 aveva inteso superare o quantomeno coordinare con i principi di concorrenza tutte le attività di consumo sul posto di alimenti e bevande, individuando il discrimen tra l’attività di  somministrazione e quella di vendita da parte degli esercizi di vicinato unicamente nella presenza o meno del servizio assistito, risultando pertanto idonee a favorire l’adozione di regolazioni a livello locale ingiustificatamente restrittive e discriminatorie.

Con riguardo alle modalità applicative della normativa di riferimento, il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia da parte degli esercizi di vicinato, ovviamente solo nel caso in cui siano legittimati alla vendita dei prodotti alimentari, non può essere vietato o limitato se svolto alle condizioni espressamente previste dalla disposizione di cui all’articolo 3, decreto legge 223/2006, e cioè la presenza di arredi nei locali dell’azienda e l’esclusione del servizio assistito di somministrazione.  

Per quanto riguarda gli arredi si è precisato che i medesimi devono essere correlati all’attività consentita, che nel caso di specie è la vendita per asporto dei prodotti alimentari e il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia

Relativamente alle attrezzature che possono essere utilizzate, sono state escluse, ad esempio, le apparecchiature per le bevande alla spina e le macchine industriali per il caffè, tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione, nonché in relazione alle operazioni di preparazione/trasformazione/cottura e trattamento dei prodotti destinati al consumo sul posto, è stato consentito solamente il riscaldamento/sporzionamento dei medesimi. 

Nel parere più recente (n. 86321 del 9 giugno 2015) è stato precisato che possono essere utilizzati piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza e alla capacità ricettiva del locale, nonché sedute non abbinabili, non nel senso che la loro collocazione all’interno dell’ambito spaziale deve essere non abbinata (solo in tal senso i clienti potrebbero abbinarli spostandoli), ma nel senso che l’utilizzo congiunto della seduta e del piano d’appoggio non deve risultare normalmente possibile (ad esempio, per l e diverse altezze dei medesimi) in modo che sia consentito ai fruitori il consumo degli alimenti e delle bevande da seduti (ma non al tavolo) ovvero appoggiando i prodotti su un piano (ma senza poterlo utilizzare da seduti).

Tali chiarimenti pratici hanno il senso di individuare tutte quelle attività che appaiono correttamente  riconducibili alle disposizioni di liberalizzazione di cui al decreto legge 223/2006, e, quindi, tutte quelle modalità di svolgimento delle attività certamente consentite, offrendo un quadro di certezza giuridica almeno alla maggior parte delle attività in questione, ma tali risoluzioni ministeriali non dovrebbero al  contrario essere considerate fonte di divieto aggiuntivo rispetto alle prescrizioni di legge in  questione, non potendo  desumersene che ogni diversa ipotesi di svolgimento di tali attività sia  automaticamente non consentita, senza alcuna specifica valutazione.

Ad esempio, l’affermazione secondo cui è certamente consentito l’utilizzo di bicchieri e  posate in plastica o comunque monouso, non deve essere interpretata come divieto dell’utilizzo di posate in metallo e di bicchieri di vetro o tovaglioli in stoffa, quando sono poste a disposizione della  clientela con modalità che non implichino un’attività di somministrazione, quando cioè non si tratti di “apparecchiare” la tavola con le modalità proprie della ristorazione, ma solo di mettere bicchieri, piatti, posate e tovaglioli puliti a disposizione della clientela per un loro uso autonomo e diretto. 

Una diversa interpretazione, infatti, sarebbe certamente sproporzionata rispetto alla necessaria distinzione fra attività di consumo sul posto e d attività di ristorazione in senso stretto.

Parimenti, dai riferimenti alle tipologie di arredi sicuramente consentiti all’interno dei locali,  non può desumersi che gli stessi arredi  non possano essere a determinate condizioni consentite  anche su aree pubbliche prospicienti il locale stesso, dove sia dalle competenti autorità locali consentito occupare porzioni si suolo pubblico con panchine, piani di appoggio, ecc.: l’uso del suolo pubblico va valutato dalle autorità locali, caso per caso o sulla base dei propri regolamenti  e degli interessi rilevanti da salvaguardare nelle diverse zone, non con  automatismi collegati alla tipologia di attività (non può essere cioè immotivatamente consentito alle attività di ristorazione e vietato invece a quelle di consumo sul posto) .

 

In riferimento agli arredi, però, il Ministero, con la Risoluzione in commento ritiene di dover

confermare le  considerazioni svolte al fine di distinguere le attività di vendita con consumo sul posto rispetto a quelle di somministrazione anche dal punto di vista degli arredi utilizzati, nella misura in cui tali arredi e le relative modalità di utilizzo consentano consumazioni seduti al tavolo con caratteristiche di richiamo quantitativo della clientela e di permanenza nel luogo di consumo tali da rendere l’impatto delle relative attività del tutto assimilabile all’attività di ristorazione o degli altri pubblici esercizi.

Il problema non è infatti quello di determinare disparità ingiustificate fra esercizi abilitati a praticare il consumo sul posto ed esercizi di somministrazione, bensì quello di non rendere fonte di disparità del tutto ingiustificate i vantaggi di semplificazione nell’acquisizione del titolo autorizzatorio per gli esercizi in cui si pratica il consumo sul posto, rispetto ai normali pubblici esercizi , in presenza di caratteristiche di servizio sostanzialmente assimilabili e di pari impatto.

Fintanto che esistano (come sembra sia ancora  anche nel combinato disposto  dell’articolo 1, comma 4, e dell’articolo 2, con la relativa allegata tabella, del decreto legislativo 25  novembre 2016, n. 222,  recante  l’individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione,  segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di  definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai  sensi  dell’articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124) aree del territorio soggette a maggior tutela in cui l’attività dei  pubblici esercizi sia soggetta ad autorizzazione e possa essere contingentata o le nuove  attività del tutto vietate, in relazione a rilevanti esigenze per la loro valenza artistica, storica ed  ambientale , o anche per ragioni di sicurezza,  sostenibilità sociale o di viabilità, sarebbe fonte di  ingiustificata disparità (e non positiva apertura concorrenziale ) consentire invece senza alcuna  limitazione lo svolgimento di analoghe attività agli esercizi abilitati al consumo sul posto, senza  differenziare le modalità di svolgimento delle relative attività in modo da limitarne l’impatto e  mantenere ragionevolezza alla disposizione di favore rispetto ai pubblici esercizi in senso stretto. 

Quindi, dove non è consentita l’apertura di un ristorante con venti tavoli ed una potenziale numerosa clientela che permanga per lungo tempo in modo più o meno rumoroso nella relativa area di riferimento, non può essere consentita una analoga situazione per il solo fatto che l’esercizio in questione abbia scelto di presentare SCIA come esercizio di vicinato di vendita di prodotti alimentari e senza richiedere specifica autorizzazione, che gli sarebbe stata negata, come pubblico esercizio di somministrazione.

Da un punto di vista della vigilanza da parte della polizia municipale, si rammenta che l’esercizio di vicinato che consenta il consumo immediato dei prodotti di gastronomia, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda secondo modalità non consentite o effettui il servizio di somministrazione, dovrà essere sanzionato come esercizio di somministrazione che svolge l’attività senza aver presentato apposita SCIA al SUAP territorialmente competente, a norma della legge regionale di riferimento.