Falsificazione targa di immatricolazione

04.10.2013 22:02

Corte di Cassazione Penale sez. IV 5 settembre 2013 n. 36388
 

Ritenuto in fatto
1- omissis ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di omissis, del 13 ottobre 2011, che ha confermato la sentenza del Tribunale di omissis, del 4 febbraio 2010, che lo ha ritenuto colpevole, tra l'altro, del delitto di cui agli artt. 490, 477 cod. pen., per avere falsificato, tramite occultamento o distruzione, la targa di un'autovettura in precedenza rubata, oltre che il numero di telaio del medesimo veicolo.

2- Deduce il ricorrente l'erronea applicazione dell'art. 490 cod. pen. ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove è stato ritenuto che l'occultamento e la distruzione della targa, pure ritenuta solo una certificazione amministrativa, integra la fattispecie delittuosa contestata.
 
Considerato in diritto
1- Il ricorso è infondato.
In realtà, come hanno esattamente osservato i giudici del merito, le targhe automobilistiche devono essere inquadrate nella categoria delle certificazioni amministrative, e la loro falsificazione per distruzione o occultamento integra la fattispecie delittuosa descritta sub artt. 490 e 477 del codice penale.
Tanto, hanno opportunamente soggiunto gli stessi giudici, alla stregua del principio affermato da questa Corte con sentenza n. 4193/1984 (rv 168974), espressamente richiamata nella sentenza impugnata, preceduta (Cass. nn. 182/1981, 10709/1982, 8439/1983, 9869/1984) e seguita (Cass. nn. 9337/1988, 13029/2000, 46326/2007, 35434/2010) da numerose altre decisioni conformi, dalle quali non vi è motivo di discostarsi.

2- Sembra, peraltro, opportuno precisare che il reato in questione, commesso l'11 ottobre 2006, non risulta ancora prescritto.
Il termine prescrizionale previsto per il delitto in questione, punito con la pena massima di tre anni, è, invero, di sei anni, ai sensi dell'art. 157 cod. pen.; termine che deve essere aumentato della metà (tre anni) attesa la presenza della recidiva specifica reiterata (art. 161 cod. pen.).

Il ricorso deve essere, quindi, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.