Guida con patente sospesa o revocata per carenza requisiti morali

02.11.2013 09:42

SENTENZA CORTE CASSAZIONE

23 settembre 2013, n. 39248

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Presidente:

Francesco SERPICO

Consigliere:

Giorgio FIDELBO, Emanuele DI SALVO, Gaetano DE AMICIS

Rel. Consigliere:

Carlo CITTERIO

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 

 

Considerato in fatto

        1. Con sentenza dell'11.10-28.12.12 la Corte d'appello di Catania ha confermato la condanna di A. A. per i reati di cui agli artt. 9 legge 1423/56 e 6 legge 575/65 e alla pena di dieci mesi e quindici giorni di arresto, con la recidiva specifica reiterata e infra quinquennale, deliberata dal Tribunale di Catania/Paternò il 31.1.11, in relazione alla circolazione senza la carta precettiva e alla guida di autovettura privo di patente perché revocatagli.

        2. Ricorre per cassazione A. A., enunciando a mezzo del difensore due motivi:

1-

Violazione degli artt. 9 legge 1423/56 e 6 legge 575/65. In realtà poi il motivo argomenta solo sull'erroneità della ritenuta recidiva, in ragione della natura contravvenzionale del reato di cui all'art. 9.1 e delle modifiche apportate alla relativa disciplina dall'art. 4 legge 251/2005, nonché della medesima natura contravvenzionale del secondo reato.

2-

Intervenuta prescrizione dei reati. Consumati il 17.7.2007, alla data dell'11.10.12 entrambi sarebbero stati già prescritti per la prescrizione quinquennale.

 

 

Ragioni della decisione

        3.1. È manifestamente infondato il motivo sull'intervenuta prescrizione dei reati. Con le sospensioni conseguenti ai rinvii addebitabili all'imputato ed alla sua difesa (un anno tre mesi e diciotto giorni tenuto conto delle distinte ragioni, ud. 3.10.08, 3.4.09, 27.11.09) la prescrizione matura al prossimo 22.9.2013.

        3.2. Proprio perché la prescrizione dei reati per cui si procede matura entro 90 giorni, è stata respinta la richiesta di rinvio dell'odierna udienza (Sez. 3, sent. 7620/2010), argomentata con la dichiarazione di adesione del difensore all'astensione dalle udienze deliberata dall'OUA per i giorni dall'8 al 16 luglio.

        3.2.1 Infatti, secondo il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007, valutato idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera del 13 dicembre 2007 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, “l'astensione non è consentita nella materia penale in riferimento ... ai processi concernenti reati la cui prescrizione maturi durante il periodo di astensione ovvero ... se pendenti nel giudizio di legittimità entro 90 giorni” (art. 4 lett. A). Il che si verifica appunto in questo giudizio.

        Le Sezioni unite di questa Corte suprema hanno in tempi recentissimi affermato che tale codice, tenuto conto della modifica introdotta (dopo la sentenza della Corte costituzionale 171/1996) alla legge 146/1990 con la legge 83/2000 (che ha previsto anche per i professionisti gli atti di autoregolamentazione per l'astensione collettiva come soluzione per il contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente tutelati dall'art. 1 della legge 146/1990), “assume valore di normativa secondaria alla quale occorre conformarsi” (contra Sez. 2, sent. 24533/2009 che richiama Sez. 5, sent. 3047/1999, tuttavia precedente la legge 83/2000).

        La dichiarazione di adesione all'astensione, presentata dal difensore dell'imputato ricorrente, non trova pertanto “copertura” nella delibera richiamata, che quindi non la legittima, risolvendosi in una iniziativa individuale, come tale non rilevante perché inidonea a costituire esercizio del diritto all'astensione collettiva dalle udienze.

        3.2.2. Non può condurre a soluzione diversa il possibile rilievo che il limite temporale di successiva maturazione della prescrizione del reato (360 giorni per i procedimenti pendenti nella fase delle indagini preliminari, 180 per quelli pendenti in grado di merito, 90 per quelli pendenti nel giudizio di legittimità, secondo il richiamato art. 4.1 A del cod. autor.) potrebbe ritenersi di fatto inefficace, o superato, o comunque irrilevante, in relazione alla disciplina codicistica, che all'art. 159.1 n. 3 c.p. prevede la sospensione del corso della prescrizione nel caso di rinvio per richiesta del difensore (sospensione che, quando determinata da richiesta di rinvio per adesione all'astensione collettiva dalle udienze, non è per giurisprudenza consolidata soggetta al limite dei sessanta giorni previsto dalla seconda parte della norma: per tutte, Sez. 5 sent. 18071/2010, Sez. 1 sent. 25714/2008).

        Tale rilievo è solo suggestivo, risultando invece manifestamente infondato.

        È vero che, in concreto, il rinvio per adesione all'astensione collettiva dalle udienze determinerebbe anche in questo caso, comunque e per disciplina generale codicistica, la sospensione del corso della prescrizione, sterilizzandola a prescindere dal tempo in cui, successivamente, venisse in concreto a maturarsi, il che potrebbe porre astratti dubbi di opportunità, se non addirittura di legittimità, della disciplina associativa.

        Ma la disciplina speciale del codice di autoregolamentazione “Prevale” per due ragioni, del tutto autonome rispetto al tema della diversa qualità della fonte normativa, e della relativa gerarchia, tema che diviene nel contesto del tutto irrilevante (perché in realtà solo fuorviante).

        La prima è che nel sistema normativo, come ricostruito e ricordato dalle richiamate SU sent. 26711/2013, è il concreto contenuto del codice di autoregolamentazione (quando valutato idoneo) a costituire il limite originario della legittimità dell'esercizio del diritto all'astensione collettiva degli avvocati dalle udienze. Quando la richiesta di rinvio è proposta per l'adesione all'astensione collettiva in un caso in cui il codice di autoregolamentazione non prevede che astensione possa esserci manca la precondizione perché il diritto che si afferma voler esercitare (l'adesione all'astensione collettiva ritualmente deliberata) sussista.

        La seconda è che l'autolimitazione, rispetto alla disciplina codicistica della prescrizione, risponde a specifiche scelte della categoria professionale perfettamente adeguate, e quindi congrue, ai principi costituzionali in materia di giustizia, primo tra tutti quello della ragionevole durata del processo (sicché in nessun modo potrebbe ipotizzarsi una disapplicazione parziale del codice sul punto). Il limite posto dall'art. 4.1 lett. A del codice di autoregolamentazione costituisce, anzi ed invero, emblematica applicazione della consapevolezza che il concetto di ragionevole durata del (singolo) processo non coincide affatto con i contingenti limiti di prescrizione del reato per cui si procede quali risultanti dall'applicazione della complessiva disciplina sostanziale in materia di prescrizione. “Ragionevole durata del processo” e “termine massimo di prescrizione del reato per cui si procede” sono locuzioni che esprimono valori giuridici diversi, la prima avendo riguardo in particolare al tempo considerato congruo per giungere a sentenza definitiva, così “chiudendo” (definendo) la pendenza e le sue articolate implicazioni sulla vita dei singoli interessati (imputati, persone offese, soggetti danneggiati) e sulla società intera, la seconda individuando il tempo oltre il quale viene meno l'interesse dello Stato alla punizione del singolo reato.

        Trova pertanto perfetta razionalità e sistematicità una disciplina, come quella richiamata, che in definitiva sceglie di non esercitare un diritto collettivo pur astrattamente in ipotesi invocabile, quando tale esercizio dilaterebbe ulteriormente i tempi del processo (giunto ormai, a seguito dell'interferenza della disciplina sostanziale della prescrizione, alla sua conclusione), ma per ragioni non afferenti i diritti di difesa concretamente rilevanti nello specifico procedimento.

        3.2.3. Deve pertanto essere affermato il principio di diritto che non è consentita l'astensione degli avvocati dalle udienze penali quando la prescrizione maturi nei successivi termini indicati dall'art. 4.1 lett. A del codice di autoregolamentazione, adottato il 4.4.2007 e valutato idoneo con deliberazione della Commissione di garanzia della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali in data 13.12.2007.

        3.4. Nel merito, il residuo (primo) motivo di ricorso è fondato.

        Entrambi i reati per cui si procede sono contravvenzioni. Non avrebbe pertanto potuto essere applicata la disciplina della recidiva, secondo il testo dell'art. 99 c.p. vigente dopo la legge 251/2005.

        La pena applicata nei due gradi di merito va quindi rideterminata.

        Poiché tuttavia il Tribunale aveva esposto il calcolo per la determinazione della pena originaria (mesi sei di arresto, aumento per la recidiva di quattro mesi e, quindi, mesi dieci; ulteriore aumento di quindici giorni per la continuazione esterna), alla necessaria rideterminazione può provvedere direttamente questa Corte suprema, ai sensi dell'art. 620 lett. L. c.p.p., non essendo necessario alcun tipo di apprezzamento di merito e dovendosi solo procedere alla sottrazione aritmetica dell'aumento deliberato in primo grado per la recidiva, che va esclusa.

        La pena risulta quindi rideterminata in sei mesi e quindici giorni di arresto.

 

Per questi motivi

        Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta recidiva, che elimina, rideterminando la pena in mesi sei e giorni quindici di arresto.

        Rigetta nel resto il ricorso.

        Così deciso in Roma, il 12 luglio 2013.

 

Il Presidente: SERPICO

Il Consigliere estensore: CITTERIO

 

        Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2013.

 

Il Funzionario Giudiziario: ESPOSITO