Guida in stato di ebbrezza : procedure di accertamento del reato

01.10.2013 12:15

Cassazione penale  sez. IV 04 giugno 2013 n. 36009

 

 

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  

                        SEZIONE QUARTA PENALE                       

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           

Dott. IZZO            Fausto   -  Presidente   -                    

Dott. VITELLI CASELLA Luca     -  Consigliere  -                    

Dott. GRASSO          Giuseppe -  Consigliere  -                    

Dott. DOVERE          S.  -  rel. Consigliere  -                    

Dott. DELL'UTRI       Marco    -  Consigliere  -                    

ha pronunciato la seguente:                                         

                     sentenza                                       

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA;

nei confronti di:

          M.M. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 5335/2010 GIP TRIBUNALE di REGGIO EMILIA,  del

18/03/2011;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;

lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso.

                

 

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bologna ricorre avverso la sentenza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Piacenza, richiesto di emettere decreto penale di condanna nei confronti di M.M. in ordine al reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b), ha pronunciato l'assoluzione dell'imputato per non aver commesso il fatto.

Tale decisione fonda sulla ritenuta ricorrenza di una ipotesi di nullità a regime intermedio per essere stato omesso da parte della polizia operante, previamente all'esecuzione dell'alcoltest, l'avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore.

Stante l'inutilizzabilita dell'atto, il giudice ha ritenuto mancante la prova della condotta tipica, ricorrendo alla formula assolutoria sopra richiamata.

2. Con l'impugnazione il ricorrente deduce violazione di legge, perchè, pur avendo correttamente qualificata come intermedia la nullità derivante dall'omesso avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore, ha ritenuto l'inutilizzabilita dell'atto ignorando che tale nullità non poteva più essere rilevata per essere sanata ai sensi dell'art. 182 cod. proc. pen..

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.

3.1. Nel caso in cui l'accertamento del tasso alcolemico muova dalla ritenuta emersione di una notizia di reato, esso si concreta in un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, da ricondursi alla tipologia richiamata dall'art. 354 c.p.p., comma 3 (sempre che l'accertamento non venga eseguito in via esplorativa, risultando espressione di una attività di polizia amministrativa: Sez. 4, n. 10850 del 12/02/2008 - dep. 11/03/2008, Rizzi, Rv. 239404; anche nel caso di prelievo ematico eseguito nell'ambito di protocollo medico non si è in presenza di atto di indagine di p.g.: Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 - dep. 07/03/2013, Bazzotti, Rv. 254933; Sez. 4, n. 34145 del 21/12/2011 - dep. 06/09/2012, Invernizzi, Rv. 253746).

Di conseguenza, in ragione del disposto dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., la polizia giudiziaria, nel compimento dell'atto, avverte la persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, senza che sia necessario procedere alla nomina di un difensore di ufficio, qualora quello di fiducia non sia stato nominato o, nominato, non sia comparso, per procedere nell'accertamento.

La giurisprudenza di legittimità è consolidata nel senso che la violazione del disposto dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen. da luogo ad una nullità di ordine generale ma non assoluta ed è incline a richiamare l'art. 182 c.p.p., comma 2 per affermare che essa deve essere eccepita prima del compimento dell'atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, senza attendere il compimento del primo atto successivo (ex pluribus, Cass. Sez. 4, sent. n. 45621 del 04/11/2009, Moretti, Rv. 245462; Cass. Sez. 1, sent. n. 24733 del 21.5.2004, Defina, rv. 228509).

La nullità in parola può essere anche rilevata dall'ufficio, secondo quanto previsto dall'art. 182 cod. proc. pen.. Ma ciò non è possibile quando la parte sia decaduta dalla possibilità di proporre la relativa eccezione e comunque quando la nullità si sia sanata.

Questa Corte ha già affermato che "il vizio procedurale, sanato per volontà di chi avrebbe titolo per dedurlo, non impone al giudice alcun rilievo formale della verificata nullità e ciò nel rispetto del principio affermato dalla Corte delle leggi (Corte costituzionale, ord. 8-10 maggio 2000, Pres. Mirabelli, rel. Flick) secondo cui non ogni irregolarità processuale conduce alla sanzione di nullità, specie ove si consideri che la legge di delega sul nuovo c.p.p., nella sua direttiva di esordio, ha espressamente sancito il criterio della massima semplificazione nello svolgimento del processo con eliminazione di ogni atto o attività non-essenziale" (Sez. 6, n. 13402 del 24/03/2011 - dep. 01/04/2011, Di Nardo, Rv. 249912). Si può aggiungere che la risoluzione del vizio a seguito del prodursi dell'effetto decadenziale o della sanatoria preclude ogni ulteriore rivisitazione del tema, per evidenti ragioni di economia processuale.

3.2. Tuttavia, fermo restando l'inquadramento della nullità tra quelle generali a regime intermedio, è possibile registrare una diversità di interpretazioni nell'ambito della giurisprudenza di legittimità quanto al limite temporale entro il quale è utilmente proponibile l'eccezione di nullità.

In talune pronunce si fa riferimento al tempo immediatamente successivo al compimento dell'atto. Si è sostenuto che detto termine non è posto dalla norma in relazione alla necessaria effettuazione di un successivo atto in cui intervenga la stessa parte o il difensore, ben potendo la formulazione dell'eccezione aver luogo anche al di fuori dell'espletamento di specifici atti, mediante lo strumento delle "memorie o richieste" che, ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen., possono essere inoltrate in ogni stato e grado del procedimento.

In conseguenza, proprio con riferimento all'esecuzione di alcoltest, è stata considerata tardivamente proposta l'eccezione di nullità di un atto per l'omesso avviso previsto dall'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., allorchè la parte, invece di sollevare l'eccezione immediatamente dopo il compimento dell'atto, abbia atteso il compimento di un successivo atto del procedimento Sez. 4, n. 44840 del 11/10/2012 - dep. 15/11/2012, Pg in proc. Tedeschi, Rv. 254959;

nel senso che la nullità va eccepita immediatamente dopo il compimento dell'alcoltest Sez. 4, n. 38003 del 19/09/2012 - dep. 01/10/2012, Avventuroso, Rv. 254374; ma in senso contrario pare esprimersi Sez. 4, n. 12025 del 02/12/2010 - dep. 25/03/2011, Cinciripini, Rv. 249941 (disponibile solo in massima), per la quale "in tema di guida in stato di ebbrezza, l'omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto "alcoltest" non integra alcuna nullità, ma costituisce una mera irregolarità che non incide sulla validità o sull'utilizzabilità dell'atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l'esercizio delle attività difensive".

In altre si è guardato al momento in cui viene effettuata la nomina del difensore; in altre ancora al momento del deposito degli atti o alla sentenza di primo grado; in un caso si è ritenuta utilmente sollevarle l'eccezione (rispetto ad un atto di sequestro) avanzata in sede di riesame, sull'assunto della violazione delle garanzie difensive che sarebbe altrimenti realizzata (Sez. 5, n. 7654 del 09/02/2012 - dep. 27/02/2012, Masella, Rv. 252171).

Una possibile soluzione potrebbe rinvenirsi in quella che fissa la deadline nel momento della nomina del difensore o in quello nel quale questi abbia contezza del contenuto degli atti del procedimento, secondo una linea interpretativa che ha già trovato espressione in Sez. 3, n. 14873 del 28/03/2012 - dep. 18/04/2012, Rispo, Rv. 252397, per la quale "la violazione da parte della polizia giudiziaria dell'obbligo di avvertire l'indagato, ai sensi dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel corso di una perquisizione o sequestro integra una nullità generale a regime intermedio che va eccepita, ai sensi dell'art. 182 cod. proc. pen., o prima del compimento dell'atto o immediatamente dopo, ossia subito dopo la nomina del difensore ovvero entro il termine di cinque giorni che l'art. 366 cod. proc. pen. concede a quest'ultimo per l'esame degli atti" (analogamente Cass. Sez. 4, sent. n. 15739 del 14/03/2008, Alberti, Rv. 239737). E ciò perchè solo connettendo la decadenza in parola al previo instaurarsi della difesa tecnica potrebbe garantirsi il rispetto sostanziale del diritto di difesa.

Peraltro, siffatta tesi apre al dubbio che essa implichi la necessità di postulare un onere di attivazione del difensore (a far tempo dalla nomina) che è privo di fondamento nell'ordinamento processuale ovvero di individuare uno snodo procedimentale che, rendendo certa la conoscenza degli atti del fascicolo al difensore, permette di sanzionarne l'inerzia.

3.3. Ritiene questa Corte che prima di sottoporre al vaglio delle Sezioni Unite il ravvisato contrasto sia utile svolgere un ulteriore approfondimento del tema, formulando alcune osservazioni nutrite di riferimenti che non sembrano esser stati adeguatamente presenti alle elaborazioni sin qui prodotte.

Punto di partenza è la constatazione che le varie pronunce che si confrontano sembrano allineate a seconda che l'atto di p.g. sia costituito dall'alcoltest ovvero da un sequestro. Nel primo caso si propende per la tesi fatta propria da ultimo dalla decisione 44840/2012; negli altri per la tesi avanzata dalla decisione 14873/2012.

Sul piano concettuale la giurisprudenza pare dividersi essenzialmente sulla necessità o meno che l'eccezione venga formulata solo dopo instaurato il rapporto con il difensore. Per quanto non espressamente tematizzato, poichè l'intervento del difensore viene richiamato ad ulteriore dimostrazione dell'avvenuta decadenza, le pronunce che militano con la sentenza in causa Rispo rimarcano la possibile condizione di ignoranza incolpevole dell'indagato circa l'esistenza del diritto violato, prendendo lo spunto da siffatta premessa per concludere che "nel momento in cui il difensore, sia pure nominato di ufficio, ricevette l'avviso del deposito dell'atto, il medesimo ben potesse, esercitando il proprio mandato e comunicando con l'interessato, venire a conoscenza della violazione avvenuta e dedurla tempestivamente nei cinque giorni che l'art. 366 c.p.p. gli concede per l'esame degli atti (Sez. 4, n. 15739 del 14/03/2008 - dep. 16/04/2008, Alberti, Rv. 239737; Sez. 2, n. 19100 del 12/04/2011 - dep. 16/05/2011, Syll Mouhamadou, Rv. 250191). In ciò vi è la convinzione della necessità di connettere la previsione dell'art. 182, co. 2 cod. proc. pen., primo periodo, all'intervento del difensore.

Per contro, le decisioni del diverso indirizzo non rilevano alcun pregiudizio del diritto di difesa derivante dalla pretesa che sia l'indagato medesimo a dover sollevare l'eccezione.

Poichè il nodo della questione sembra essere il diritto di difesa, non può farsi a meno di richiamare alcune decisioni del giudice delle leggi intervenute in materia.

Chiamata a verificare la legittimità costituzionale, in rapporto all'art. 24 Cost., comma 2, dell'art. 401 codice di rito 1930 nella parte in cui faceva decorrere il termine di cinque giorni per la deduzione delle nullità relative intercorse nell'istruzione sommaria dalla notifica all'imputato del decreto di citazione a giudizio, anzichè dalla notificazione al difensore dell'avviso della data fissata per il dibattimento, la Corte costituzionale, ebbe a puntualizzare che "il diritto di difesa deve essere garantito in modo adeguato alle circostanze, con modalità che a queste si adattino, esplicandosi anche come effettiva potestà di assistenza tecnica e professionale". Pertanto il principio costituzionale invocato venne ritenuto violato dalla previsione di un breve termine decorrente dalla conoscibilità del decreto di citazione a giudizio da parte del diretto interessato piuttosto che del suo difensore, benchè la cognizione di elementi tecnici rientranti nella specifica competenza professionale del difensore fosse indispensabile per rendersi conto delle nullità e far rilevare i vizi invalidanti (C. cost. sent. n. 162 del 17/06/1975, n. 162).

Il principio è stato ribadito in successive pronunce, tra le quali merita di essere ricordata in questa sede la sentenza n. 120 del 2002, con la quale il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 458 c.p.p., comma 1, nella parte in cui prevede che il termine entro cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato decorre dalla notificazione del decreto di giudizio immediato, anzichè dall'ultima notificazione, all'imputato o al difensore, rispettivamente del decreto ovvero dell'avviso della data fissata per il giudizio immediato.

In tale occasione la Corte ha evidenziato come il nucleo centrale della questione di legittimità costituzionale attenesse alla violazione del diritto alla difesa tecnica, in quanto la disciplina censurata era congegnata in maniera tale che il termine stabilito a pena di decadenza per presentare richiesta di giudizio abbreviato poteva scadere senza che il difensore avesse potuto illustrare al proprio assistito le opzioni difensive rispettivamente collegate al giudizio abbreviato e alla celebrazione del dibattimento. Tanto rilevato i giudici della Consulta hanno ribadito che il diritto di difesa, inteso come effettiva possibilità di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore, risulta violato in ogni caso in cui, "ai fini dell'esercizio di facoltà processuali che comportano la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore", venga posto a pena di decadenza un termine decorrente dalla notificazione all'imputato, anzichè al difensore, dell'atto da cui tali facoltà conseguono (C. cost. 26/02/2002, n. 120).

Alla luce delle puntualizzazioni operate dalla Consulta non sembra di poter dire che in ogni caso in cui sia ravvisabile una nullità intermedia la relativa eccezione deve poter essere sollevata in un termine che garantisca il previo instaurarsi del rapporto difensivo.

Piuttosto, la verifica del rispetto del diritto di difesa va condotta tenuto conto alla semplicità/complessità delle cognizioni richieste dalla proposizione dell'eccezione; sicchè ben possono darsi casi in cui la formulazione di una eccezione di nullità intermedia richiede che il termine decadenziale abbia corso solo dopo la nomina di un difensore (impregiudicate per ora la questioni concernenti eventuali corollari) e casi in cui il termine prescinde dall'instaurazione del rapporto tra l'indagato/imputato ed il difensore.

Nell'ipotesi dei test previsti dall'art. 186 C.d.S., commi 3 e 4, non sembra a questa Corte che la deduzione dell'omesso avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore richieda necessariamente l'intervento del difensore medesimo. Ciò perchè l'avviso intende garantire (e l'eccezione recuperare nonostante la violazione) la semplice conoscenza da parte del difensore del compimento dell'atto, che non deve essere ritardato in attesa che egli giunga, ove abbia deciso di assistervi. Ed inoltre perchè l'accertamento non è invasivo e non scaturisce da attività pregresse la cui conoscenza è essenziale per l'esercizio della difesa.

Non si ravvisa, quindi, nell'ipotesi in parola, la necessità del coinvolgimento del difensore, e l'eccezione ben può essere avanzata direttamente dall'interessato, posto che non ricorrono "facoltà processuali che comportano la cognizione di elementi tecnici rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore".

3.4. Non sembra, per contro, che argomenti utili possano trarsi dalle osservazioni che le S.U. hanno svolto al riguardo della nozione di parte valevole ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2.

Il S.C. ha sostenuto che "il codice prospetta la "nozione di parte" nell'art. 182 c.p.p., comma 2, nel senso che essa è rappresentata dal soggetto necessario a costituirla per il compimento di ciascun atto del processo" ed ha ricordato che "il logos "parte" distingue concettualmente, nel rapporto esterno con altri soggetti, le persone accomunate da uno stesso interesse, e perciò gli oneri e le facoltà connessi alla posizione, quale che sia il rapporto interno tra i soggetti della stessa parte. Nel processo sono parti necessarie, intese soggetti unitari del rapporto tra loro e con il giudice, l'accusa pubblica e la difesa. Le due parti differiscono perchè l'accusa è costituita sempre da una sola persona mentre la difesa, si è visto, può essere costituita dal solo difensore o anche da due oltre all'imputato (titolare del diritto) se compare". Su tali premesse la Corte ha interpretato l'insieme delle disposizioni di cui agli artt. 181 ss. cod. proc. pen. nel senso che "chi rappresenta la parte, comunque composta, e la difesa può esserlo da un solo difensore, è gravato dell'onere d'eccezione di nullità di un atto al più tardi subito dopo il suo compimento, perchè l'interesse va identificato in rapporto all'effetto dell'atto, e come tale assorbe l'aspettativa d'esito del procedimento dell'organo d'accusa o dell'imputato titolare del diritto di difesa" (Cass. S.U., sentenza n. 39060 del 16/7/2009, Aprea, rv. 244187).

E ciò, invero, sembrerebbe convergere verso l'affermazione sopra fatta, per la quale l'eccezione della nullità dell'atto può essere avanzata dall'interessato medesimo. Senonchè da un verso tale conclusione forza alquanto la portata delle precisazioni fatte dal S.C., operate nella prospettiva della valutazione della necessità della presenza dell'imputato, oltre che di uno dei due difensori nominati, per la sussistenza delle condizioni di eccepibilità dell'omesso avviso al secondo difensore. Ciò induce ad una certa cautela. Dall'altro, l'evocazione del tema del diritto di difesa sposta il baricentro della questione verso lo slittamento del termine di decadenza piuttosto che sul concetto di parte.

In conclusione, per tutte le ragioni che si son sinora esposte, sembra a questa Corte che in relazione all'omesso previo avviso al soggetto che deve essere sottoposto all'alcoltest di cui all'art. 186 C.d.S., commi 3 e 4 del diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia, debba essere confermato il principio di diritto ribadito da ultimo da Sez. 4, n. 44840 del 11/10/2012 - dep. 15/11/2012, Pg in proc. Tedeschi, Rv. 254959.

4. Nel caso che occupa non risulta che l'imputato abbia formulato l'eccezione in questione nei termini sopra specificati, pur avendone avuta la possibilità immediatamente dopo il compimento dell'alcotest. Di guisa che l'eccepita nullità, ove anche esistente, alla luce dei principi sopra esposti, deve ritenersi sanata, con l'ulteriore effetto dell'impossibilità per il Giudice per le indagini preliminari di rilevarla d'ufficio.

Il provvedimento impugnato va quindi annullato senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Reggio Emilia per l'ulteriore corso.

 

 

 

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Reggio Emilia per l'ulteriore corso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2013