Guida in stato di ebbrezza: valore probatorio del referto ospedaliero

12.10.2013 14:58

 

SENTENZA CORTE CASSAZIONE

21 maggio 2013, n. 12406

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Presidente:

Giuseppe Maria BERRUTI

Consigliere:

Giovanni CARLEO, Giacomo TRAVAGLINO, Francesco Maria CIRILLO

Rel. Consigliere:

Enzo VINCENTI

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 

Ritenuto in fatto

        1. - Con sentenza resa pubblica il 20 aprile 2007, la Corte di appello di Roma, respingendo l'impugnazione principale proposta da A. A. e quella incidentale da B. B., confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale della medesima città, che aveva dichiarato il A. A. responsabile del sinistro stradale verificatosi il 1° novembre 1996, con lesioni a carico del B. B., terzo trasportato sull'autovettura condotta dallo stesso A. A., assicurata presso l’Impresa assicuratrice XXX, ed accertato che il danno patito dal B. B. era stato già interamente risarcito dall’Impresa assicuratrice XXX, con condanna del A. A. a rivalere detta compagnia di assicurazione delle somme da questa versate al danneggiato, entro i limiti del credito riconosciuto.

        Per quanto ancora interessa in questa sede, la Corte territoriale riteneva provato che il A. A., al momento del sinistro, conduceva l'autovettura in stato di ebbrezza da alcool, non essendo a tal fine necessari specifici accertamenti strumentali, ma risultando idoneo il riscontro proveniente dal “referto ospedaliero n. 1111, rilasciato nell'immediatezza dei fatti dai sanitari dell'Aurelia Hospital”, i quali avevano accertato “che il conducente era in stato di ebbrezza alcolica” e tale circostanza veniva riferita nel rapporto redatto dalla Polizia Stradale successivamente al sinistro. Peraltro, soggiungeva il giudice di appello, non era invece provato che il terzo trasportato, sebbene avesse pranzato con il conducente, fosse consapevole dello stato di ebbrezza alcolica di quest'ultimo, tanto da dovergli impedire la guida del veicolo.

        La Corte territoriale, inoltre, accertava, anche sulla scorta della deposizione resa dal teste C. C., che aveva assistito al sinistro, che l'autovettura condotta dall’A. A., per evitare di “cozzare” contro l'auto che la precedeva nella marcia - la quale, lungi dall'aver “tagliato la strada” all’A. A., era intenta ad entrare “nell'area di servizio del distributore o voleva accostarvisi” - andava ad urtare contro il “muretto” che delimitava “l'area del distributore dalla via Aurelia”. Sicché, lo stesso A. A. si era reso responsabile del sinistro per aver proceduto a velocità eccessiva, superiore al limite massimo di 90 kmh, come poteva evincersi “dalla notevole entità dei danni veicolari, accertati dalla Polizia Stradale”, trovandosi in stato di ebbrezza alcolica ed avendo mancato di mantenere in efficienza l'impianto frenante della propria autovettura, come era dimostrato dalle tracce di frenata lasciate sull'asfalto dalla sola gomma anteriore sinistra.

        2. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre A. A., affidando le sorti dell'impugnazione a sei motivi di censura, illustrati da memoria.

        Resiste con controricorso la Impresa assicuratrice XXX, mentre non ha svolto attività difensiva l'intimato B. B.

 

Considerato in diritto

        1. - Con il primo mezzo è denunciata illogicità e contraddittorietà della sentenza, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ciò avuto riguardo alla “inidoneità del referto dell'Aurelia Hospital a integrare la prova dello stato di ebbrezza”, adducendosi che la “dichiarazione relativa allo stato di ebbrezza alcolica costituisce una mera opinione personale e non ha alcun valore di referto medico”.

        In definitiva, la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare la puntuale contestazione dell'idoneità del referto medico rilasciato dal sanitario, su cui si affermava “trauma cranico in paziente con stato di ebbrezza alcolica”, in assenza di analisi o accertamenti strumentali, né di indicazioni di elementi sintomatici dai quali il medico avrebbe potuto trarre il proprio convincimento.

        2. - Con il secondo mezzo è prospettata illogicità e contraddittorietà della sentenza, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ciò avuto riguardo alla “riconoscibilità o meno dello stato di ebbrezza da sintomi esterni”.

        Posto che lo stato di ebbrezza dell’A. A. non sarebbe stato accertato in base ad analisi strumentali (delle quali il sanitario avrebbe avuto l'obbligo di annotazione sul referto), detto stato sarebbe allora il frutto di valutazione sintomatica, la quale tuttavia si porrebbe in intima contraddizione con quanto affermato dalla stessa impugnata in ordine al fatto che il terzo trasportato, pur avendo pranzato con il conducente danneggiante, non si sarebbe reso conto del suo stato di ebbrezza alcolica.

        3. - Con il terzo mezzo è dedotta illogicità e contraddittorietà della sentenza, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ciò avuto riguardo alla “irrilevanza sul piano probatorio del verbale della Polizia Stradale e della irrogazione della sanzione amministrativa”.

        Il verbale anzidetto richiamerebbe soltanto per relationem il referto medico e, dunque, sarebbe, come tale, del tutto ininfluente ai fini della decisione, sebbene dalla stessa valorizzato.

        4. - Con il quarto mezzo è denunciata illogicità e contraddittorietà della sentenza, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ciò avuto riguardo alla “errata o insufficiente valutazione delle risultanze istruttorie”.

        La Corte territoriale, come già in precedenza il giudice di primo grado, non avrebbe tenuto in considerazione alcuni elementi processuali emersi in istruttoria (la minima quantità di vino assunta dall’A. A., la mancanza di consapevolezza sul suo stato di ebbrezza alcolica da parte del B. B. e dello stesso teste C. C.), con ciò mancando di dare contezza in ordine alla formazione del proprio convincimento.

        5. - Con il quinto mezzo è prospettata illogicità e contraddittorietà della sentenza, erronea e carente motivazione su un punto decisivo della controversia, ciò avuto riguardo alle “ritenute violazioni degli artt. 142 e 149 C.d.s.”.

        La Corte territoriale avrebbe desunto la eccessiva velocità dell'autovettura condotta da esso A. A. e il mancato rispetto della distanza di sicurezza da presunzioni non supportate da elementi logici, traendole dalla sommaria deposizione del C. C., in ogni caso descrivente una dinamica del sinistro compatibile con la tesi di esso ricorrente di aver perso il controllo della propria autovettura.

        6. - I primi cinque motivi sono inammissibili, non essendo gli stessi assistiti dal c.d. “quesito di fatto” (o “di sintesi”), il quale si rendeva necessario, posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 20 aprile 2007 e, quindi, nella vigenza della disciplina dettata dall'art. 366 - bis cod. proc. civ., che nella fattispecie è pienamente operante ratione temporis. Infatti, detta disposizione processuale ha iniziato ad esplicare i propri effetti in relazione alle sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l'ha introdotta, e ha cessato di essere applicabile a decorrere dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad opera dell'art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

        Ciò precisato, l'inammissibilità degli anzidetti motivi segue l'applicazione del seguente principio di diritto (di recente ribadito da Cass., 18 novembre 2011, n. 24255; in precedenza anche Cass., sez. un., 10 ottobre 2007, n. 20603): “è inammissibile, ai sensi dell'art. 366 - bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando l'indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l'errore commesso dal giudice di merito”.

        7. - Con il sesto mezzo è dedotta violazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 cod. civ.

        La Corte di appello avrebbe sostanzialmente attribuito fede privilegiata al referto medico, conferendo ad esso un valore di prova tipico dell'atto pubblico, con ciò indebitamente invertendo l'onere probatorio incombente sulla Impresa assicuratrice XXX circa lo stato di ebbrezza del conducente dell'autovettura danneggiante.

        Vengono formulati conclusivamente i seguenti quesiti: “Dica Codesta Suprema Corte di cassazione se la sussistenza dello stato di ebbrezza alcolica può essere desunta dalla semplice dicitura di un referto ospedaliero “trauma cranico in paziente in stato di ebbrezza alcolica” in mancanza sia dell'attestazione dell'effettuazione di un accertamento tecnico sanitario, sia dell'avvenuto riscontro di elementi sintomatici dell'ebbrezza o dell'ubriachezza, sia di qualsivoglia altro criterio di valutazione eventualmente utilizzato dal medico che ha sottoscritto il referto”. “Dica altresì Codesta Suprema Corte di cassazione se tale mera dicitura del medico che ha sottoscritto il referto integra una valutazione tecnico-sanitaria, munita del valore probatorio privilegiato tipico del referto ospedaliero o costituisce invece una mera opinione del medico”.

        7.1. - Il motivo è inammissibile.

        Esso solo apparentemente pone una questione, ed un relativo quesito, di diritto (cui riferire la dedotta violazione di legge) che possano assumere autonomo e dirimente rilievo ai fini della auspicata cassazione della sentenza impugnata. Difatti, il mezzo in esame vive in simbiosi con la critica dell'accertamento fattuale (quello sul contenuto reale, e sul relativo Iter di perfezionamento, del referto medico concernente l'accertamento dello stato di ebbrezza alcolica dell’A. A.), che la Corte territoriale ha posto a fondamento del suo ragionamento giuridico. Critica, questa, che il ricorrente in effetti ha mosso alla sentenza impugnata attraverso i motivi scrutinati in precedenza - e cioè quelli sul vizio di motivazione involgente la asserita assenza di accertamenti strumentali e di valutazione sintomatica da parte del medico repertante - i quali, però, sono stati già dichiarati inammissibili, con la conseguenza che la sentenza stessa non può essere invalidata, non potendo più venire in discussione l'anzidetto presupposto accertamento di fatto, che ha orientato la soluzione in diritto.

        Del resto, quanto appena posto in rilievo trova piana conferma nella considerazione per cui, ove si scenda a delibarlo nella sua astrattezza (quale prospettazione di una violazione di legge che prescinda, dunque, dal legame con la concreta fattispecie materiale), il motivo, come tale, si presenta del tutto privo di consistenza, giacché la decisione impugnata muove da una premessa in diritto di per sé armonica rispetto ai principi secondi cui, da un lato, il referto ospedaliero è atto munito di fede privilegiata quanto ai fatti attestati dal medico refertante (tra le altre, Cass., 15 settembre 1999, n. 9175) e, dall'altro, non sono indispensabili accertamenti strumentali ai fini della verifica dello stato di ebbrezza da alcool (Cass., 30 maggio 2005, n. 11367).

        3. - Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento in favore della compagnia assicuratrice controricorrente delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo; nulla in punto di spese deve disporsi nei confronti di B. B., intimato che non svolto attività difensiva.

 

Per questi motivi

        LA CORTE

        dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della compagnia assicuratrice controricorrente, che liquida in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

        Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in data 24 aprile 2013.

 

Il Presidente: BERRUTI

Il Consigliere estensore: VINCENTI

 

        Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2013.