INSTALLAZIONE DI TARGHE PROFESSIONALI SULLA STRADA

03.11.2020 15:39

Dott. Marco Massavelli

Vice Comandante Polizia Locale Giaveno (TO)

 

 

La pubblicità sulle strade o in vista di esse è disciplinata, come è noto, dall’articolo 23, codice della strada. 

L’articolo 47, regolamento di esecuzione, c.d.s., in riferimento alla norma del codice della strada, detta le definizioni dei mezzi pubblicitari: in particolare, il comma 8 definisce  «impianto di pubblicità o propaganda» qualunque manufatto finalizzato alla pubblicità o alla propaganda sia di prodotti che di attività e non individuabile secondo definizioni precedenti, né come insegna di esercizio, né come preinsegna, né come cartello, né come striscione, locandina o stendardo, né come segno orizzontale reclamistico, né come impianto pubblicitario di servizio. Può essere luminoso sia per luce propria che per luce indiretta.

Tra gli impianti di pubblicità concernenti alcune particolari attività, si devono ricomprendere le c.d. targhe professionali.

Come considerare tali targhe dal punto di vista normativo, e quindi, dal punto di vista, eventualmente autorizzativo?

 

 

Definizione e caratteristiche delle targhe professionali

 

Si definiscono targhe professionali le insegne indicative, prevalentemente, di attività professionali, in corrispondenza di ingressi ed androni; in pratica, la targa professionale è una particolare insegna di esercizio che identifica la sede di uno studio professionale.

In generale, per poter collocare una targa professionale è necessario rispettare le regole del codice della strada, dell’eventuale regolamento condominiale e dei regolamenti comunali in materia di installazione di impianti pubblicitari e relativa imposta sulla pubblicità.

Dal punto di vista del codice della strada, le targhe professionali devono essere installate in modo da resistere all'azione degli agenti atmosferici, in modo da garantire la stabilità e non costituire pericolo per la pubblica incolumità.

Le targhe non devono, per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione, ingenerare confusione con la segnaletica stradale, arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l'attenzione.

Se la targa viene installata su edificio o in area tutelata come bene culturale o nell'ambito e in prossimità dei beni paesaggistici, è necessario ottenere apposita autorizzazione (articoli 49 e 153 decreto legislativo n. 42/04).

 

Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137

 

Articolo 49

 Manifesti e cartelli pubblicitari

1. E’ vietato collocare o affiggere cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali. Il collocamento o l'affissione possono essere autorizzati dal soprintendente qualora non danneggino l'aspetto, il decoro o la pubblica fruizione di detti immobili. L'autorizzazione è trasmessa, a cura degli interessati, agli altri enti competenti all'eventuale emanazione degli ulteriori atti abilitativi.
2. Lungo le strade site nell’ambito o in prossimità dei beni indicati al comma 1, è vietato collocare cartelli o altri mezzi di pubblicità, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole della soprintendenza sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo di pubblicità con l’aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati.

3. In relazione ai beni indicati al comma 1 il soprintendente, valutatane la compatibilità con il loro carattere artistico o storico, rilascia o nega il nulla osta o l’assenso per l’utilizzo a fini pubblicitari delle coperture dei ponteggi predisposti per l’esecuzione degli interventi di conservazione, per un periodo non superiore alla durata dei lavori. A tal fine alla richiesta di nulla osta o di assenso deve essere allegato il contratto di appalto dei lavori medesimi.

 

Articolo 153

 Cartelli pubblicitari

1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari se non previa autorizzazione dell'amministrazione competente, che provvede su parere vincolante, salvo quanto previsto dall'articolo 146, comma 5, del soprintendente. Decorsi inutilmente i termini previsti dall'articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l'amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.

2. Lungo le strade site nell'ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autorizzazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole del soprintendente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pubblicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela.

 

E’ obbligo del titolare della targa verificare il buono stato di conservazione del manufatto e della eventuale struttura di sostegno, effettuare tutti gli interventi necessari al suo buon mantenimento, procedendo alla rimozione nel caso di insussistenza delle condizioni di sicurezza.

 

 

Regolamenti condominiali e comunali

 

Dal punto di vista delle regole condominiali, l’articolo 1102, codice civile, prevede, in generale che ciascun condomino può servirsi della cosa comune, come, nel caso di specie, la facciata dell’edificio, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di servirsene parimenti.

In generale, è sufficiente presentare una comunicazione di installazione all’amministratore del condominio, anche se alcuni regolamenti condominiali richiedono come obbligatorio il preventivo consenso dell’assemblea condominiale.

Anche i regolamenti comunali, spesso, ai fini del rilascio del titolo autorizzativo per l’installazione delle targhe, richiedono di allegare alla domanda il verbale dell’assemblea condominiale contenente il consenso del condominio.

 

Tribunale di Roma 23 marzo 2011, n. 6130

l'utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomino mediante l'apposizione di cartelli, targhe insegne costituisce normale esercizio del diritto di usare la cosa comune, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1102 c.c., sempre che non impedisca l'esercizio concorrente del diritto degli altri partecipanti di fare uguale uso del muro e sempre che, nel contempo, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio e non ne alteri il decoro architettonico

 

 

 

Corte di Cassazione civile 24 ottobre 1986, n. 6229

Ciascuno dei condomini può servirsi dei muri perimetrali dell'edificio condominiale per quelle utilità accessorie che ineriscono al godimento della sua proprietà esclusiva, qual è l'utilità dal risalto pubblicitario dell'attività professionale o commerciale svolta, che si realizza normalmente mediante l'apposizione di insegne, targhe, cartelli e simili

 

 

Le targhe degli studi medici

 

Analizziamo, in particolare, le targhe degli studi medici, in quanto esiste una specifica normativa di riferimento.

La disposizione di riferimento è sempre stata la legge 5 febbraio 1992, n.175 concernente “Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie” che disciplinava il tema dei messaggi di pubblicità sanitaria limitandoli soltanto alla menzione dei titoli di studio, dei titoli accademici, dei titoli di specializzazione e di carriera, prevedendo come mezzi di comunicazione soltanto le targhe, le inserzioni sui giornali e le emittenti radiotelevisive. Il messaggio era comunque soggetto ad autorizzazione comunale previo nulla osta dell’Ordine provinciale di appartenenza.

La legge n. 175/1992 è stata parzialmente abrogata dalla legge 4 agosto 2006 n. 248 (c.d. Legge Bersani): la giurisprudenza ha però chiarito che tale abrogazione riguardava soltanto i primi tre articoli della legge n. 175/92 con particolare riferimento alla eliminazione della procedura autorizzativa preventiva del messaggio pubblicitario.

 

Corte di Cassazione Civile, Sez. III, 15 gennaio 2007, n. 652

La legge 5 febbraio 1992, n. 175, recante norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie, stabilisce, con riferimento all'ipotesi in cui il professionista intenda apporre una targa pubblicitaria sull'edificio in cui svolge la sua attività professionale, che la stessa debba contenere determinate indicazioni (specificate nell'art. 1) e che debba essere autorizzata dal Sindaco previo nulla-osta dell'ordine professionale presso cui è iscritto il richiedente, attraverso il quale il professionista stesso deve inoltrare domanda (art. 2). Pertanto, al fine del rilascio del predetto nulla-osta, il competente collegio professionale deve solo verificare l'osservanza delle disposizioni concernenti il contenuto della targa nonché la rispondenza delle caratteristiche estetiche della medesima a quelle stabilite dall'apposito regolamento, senza che, a questo scopo, sia necessario lo svolgimento dell'attività ispettiva dello studio professionale, indicata nell'art. 8 della richiamata legge, la quale è finalizzata alla diversa ed autonoma finalità di esercitare la vigilanza sul rispetto dei doveri inerenti alla professione sanitaria allo scopo di reprimerne l'esercizio abusivo. Peraltro, a decorrere dall'entrata in vigore del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono state abrogate (ai sensi dell'art. 2 della legge appena citata) le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riguardo alle attività libero-professionali ed intellettuali, tra l'altro, il divieto di svolgere pubblicità informativa e, di conseguenza, anche le norme che limitavano il diritto di apporre targhe aventi, appunto, scopo pubblicitario.

 

Il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, all’articolo 3 ha stabilito la legittimità della pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni, i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.

Legge 14 settembre 2011, n. 148
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari

 

Articolo  3

Abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche

 

5. Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate secondo i princìpi della riduzione e dell’accorpamento, su base volontaria, fra professioni che svolgono attività similari, gli ordinamenti professionali devono garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti princìpi:

 

g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie. 

 

Successivamente con il Decreto Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137 veniva adottato il Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali

In particolare, l’articolo 4 prevede:

Articolo 4

Libera concorrenza e pubblicità' informativa

 

  1. E' ammessa con ogni mezzo la pubblicità  informativa  avente  ad oggetto   l'attività    delle    professioni    regolamentate,    le specializzazioni, i titoli posseduti attinenti alla  professione,  la struttura dello studio professionale e i compensi  richiesti  per  le prestazioni. 

  2.  La  pubblicità  informativa  di  cui  al  comma  1  dev'essere funzionale  all'oggetto,  veritiera  e  corretta,  non  deve  violare l'obbligo  del  segreto  professionale  e  non  dev'essere  equivoca, ingannevole o denigratoria. 

  3. La violazione della disposizione di cui al comma  2  costituisce illecito  disciplinare,  oltre  a  integrare  una  violazione   delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n.  206, e 2 agosto 2007, n. 145. 

 

 

Infine, la Legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n 145), all’articolo 1, commi 525 e 536, ha stabilito che:

 

 

Articolo 1 comma 525

Le comunicazioni informative da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie di cui al capo II della legge 11 gennaio 2018, n. 3, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività, comprese le società di cui all’articolo 1, comma 153, della legge 4 agosto 2017, n. 124, possono contenere unicamente le informazioni di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.

 

Articolo 1 comma 536

In caso di violazione delle disposizioni sulle comunicazioni informative sanitarie di cui al comma 525, gli ordini professionali sanitari territoriali, anche su segnalazione delle rispettive Federazioni, procedono in via disciplinare nei confronti dei professionisti o delle società iscritti e segnalano tali violazioni all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza. Tutte le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all’albo dell’ordine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operativa entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

In particolare, per quanto qui di interesse, dalla lettura del comma 525, si evidenzia chiaramente come la legge distingua la comunicazione informativa dalla pubblicità commerciale che diviene sostanzialmente vietata in campo sanitario, proibendo qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente a tutela della salute, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.

Resta, ovviamente, l’obbligo, per l’installazione di tali targhe, del rispetto delle disposizioni della regolamentazione comunale, in materia di pubblicità.

 

 

Il pagamento dell’imposta sulla pubblicità

 

Per quanto riguarda l’imposta sulla pubblicità, la targa professionale è esente se serve a contraddistinguere la sede ove si svolge l'attività del professionista e se è di dimensione inferiore ai 5 mq.

Per essere esente da imposta, la targa deve contenere solo il luogo di esercizio, nome e cognome e la professione del professionista, con l'esclusione di elementi ulteriori, quali ad esempio, i settori trattati dallo studio professionale, i loghi che lo identificano, affiliazioni ad altri studi.

In particolare, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza 16 luglio 2010, n. 16722, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, ha interpretato estensivamente il disposto di cui al comma 1 bis, dell'articolo 17, decreto legislativo n. 507/1993. 

 

DECRETO LEGISLATIVO 15 novembre 1993, n. 507

Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicita' e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonche' della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale

Articolo 17 (stralcio)

Esenzioni dall'imposta

 

1-bis. L'imposta non e' dovuta per le insegne di esercizio di attivita' commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attivita' cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. Con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare, d'intesa con la Conferenza Stato-citta' e autonomie locali, entro il 31 marzo 2007, possono essere individuate le attivita' per le quali l'imposta e' dovuta per la sola superficie eccedente i 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono prevedere l'esenzione dal pagamento dell'imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al primo periodo del presente comma

 

 

La Corte di Cassazione, in conformità ad un indirizzo interpretativo già espresso in passato con riferimento al previgente D.P.R. n. 639/1972, ha ribadito, in generale, con riguardo alla disciplina di cui al decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, il principio secondo il quale sono da considerare mezzi pubblicitari, e sono quindi assoggettate al tributo, le targhe e le insegne che rechino dei messaggi pubblicitari tali da sollecitare la domanda di beni e servizi, con la conseguenza che il presupposto d'imponibilità, di cui all'articolo 5, decreto legislativo n. 507/1993, va ricercato nell'astratta possibilità che il messaggio, in rapporto all'ubicazione del mezzo, possa avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perchè vengono a trovarsi in un luogo determinato.

L’articolo 10, comma 1, lett. c), legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha aggiunto, all’articolo 17, decreto legislativo n. 507/1993, dopo il comma 1, il comma 1 bis, il quale stabilisce, per quanto qui interessa, che "l'imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati".

Inoltre, in tema di canone per l'installazione di mezzi pubblicitari, che i comuni, ai sensi dell’articolo 62, decreto legislativo n. 446/1997, possono istituire in sostituzione dell'imposta sulla pubblicità, e che costituisce una mera variante di quest'ultima e conserva, quindi, la qualifica di tributo propria di essa, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con le sentenze nn. 23195 del 2009 e 11090 del 2010), ha stabilito che analogamente a quanto previsto dall’articolo 10, legge n. 448/2001, una identica fattispecie di esenzione, precisando ulteriormente, con disposizione di evidente natura interpretativa anche di quest'ultima norma, che "si definisce insegna di esercizio la scritta di cui al regolamento di cui all’articolo 47, comma 1, D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell'attività economica".

Infine, la Circolare del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche fiscali, n. 3 del 3 maggio 2002 ha ritenuto che "devono essere ricomprese tra le fattispecie che godono del beneficio in questione (....) i mezzi pubblicitari esposti dai professionisti (medici, avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri, ecc), che possono rientrare nella definizione di cui al citato D.P.R. n. 495 del 1992, art. 47, in quanto assolvono al compito di individuare la sede dove si svolge un'attività economica". 

E' pur vero che la norma di esenzione in esame, richiamando le "attività commerciali" e quelle di "produzione di beni o servizi", sembra riferibile, in senso letterale, alle attività esercitate dall'imprenditore e non anche a quelle svolte dal libero professionista.

Tuttavia, deve considerarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, nell'ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico della detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (cfr., ad es., sentenze 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser; 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre), e costituisce un'attività economica qualsiasi attività consistente nell'offrire beni o servizi su un mercato determinato (sentenze 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia; 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, sugli spedizionieri doganali). Si è, pertanto, in particolare, ritenuto che, "gli avvocati offrono, dietro corrispettivo, servizi di assistenza legale consistenti nella predisposizione di pareri, di contratti o di altri atti, nonchè nella rappresentanza e nella difesa in giudizio. Inoltre, essi assumono i rischi finanziari relativi all'esercizio di tali attività poichè, in caso di squilibrio tra le spese e le entrate, l'avvocato deve sopportare direttamente l'onere dei disavanzi." E si è concluso che gli avvocati "svolgono un'attività economica e, pertanto, costituiscono imprese ai sensi degli artt. 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l'esercizio della loro professione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione" (sentenza 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters).

Ne deriva che, in ossequio ai richiamati principi del diritto comunitario, non è ammissibile che l'avvocato, e il libero professionista in genere, possa essere soggetto, nella materia de qua, ad un regime fiscale differenziato, e più gravoso, rispetto a quello riservato a coloro che svolgono una qualsiasi altra attività economica, in regime concorrenziale.

Va aggiunto che l'anzidetta conclusione è anche conforme ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame: premesso, infatti, che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione, anche le norme concernenti agevolazioni e benefici tributari, pur essendo frutto di scelte discrezionali del legislatore, possono essere oggetto di interpretazione estensiva quando ciò sia imposto dalla ratio legis (cfr., da ult., Corte cost. n. 202 del 2003 e Cass. n. 8361 del 2002), non può non osservarsi che l'esclusione dall'ambito applicativo della norma de qua delle targhe degli studi professionali, le quali resterebbero assoggettate ad imposta, a meno che non superino la superficie di trecento centimetri quadrati, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, decreto legislativo n. 507/1993, risulterebbe in contrasto con la finalità, perseguita dalla legge, di sottrarre ad imposizione, entro i previsti limiti dimensionali, le indicazioni aventi lo scopo prevalente, proprio in considerazione delle ridotte dimensioni, di identificare il luogo di esercizio di una attività economica, distinguendolo da quelli concorrenti.