La prescrizione dei crediti erariali …e non solo…è di cinque anni

02.05.2017 08:35

di Marco Massavelli

Ufficiale Polizia Locale Rivoli (TO)

 

 

I crediti erariali (cartelle Equitalia, Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, Comuni, Regioni ecc…) si prescrivono nel termine breve di 5 anni, anziché con la prescrizione ordinaria di 10 anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo. Quindi se la Cartella è stata notificata più di 5 anni fa e nel frattempo non sono stati inviati ulteriori atti interruttivi della prescrizione (solleciti di pagamento), il credito si è prescritto!

 

A stabilire questo importante principio di diritto sono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 23397, del 17 novembre 2016.

 

La questione sulla quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi investe l'interpretazione da dare all'articolo 2953, codice civile, con riguardo specifico all'operatività o meno della ivi prevista conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, nelle fattispecie originate da atti di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.

 

Art. 2953, codice civile
Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi.

I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni.

In particolare si tratta di stabilire se la suddetta disposizione codicistica sia applicabile anche nelle ipotesi in cui la definitività dell'accertamento del credito derivi da atti diversi rispetto ad una sentenza passata in giudicato.

 

il problema da risolvere è se la decorrenza del termine pacificamente perentorio - per fare opposizione a cartella di pagamento di cui all’ articolo 24, comma 5, decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produca soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito oppure determini anche l'effetto di rendere applicabile l'articolo 2953, codice civile, ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale secondo l’articolo 3, commi 9 e 10, legge n. 335 del 1995) in quello ordinario decennale.

 

 

 

 

 

DECRETO LEGISLATIVO 26 febbraio 1999, n. 46

Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337.

 

Articolo 24

Iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali

 

…omissis….

 

5. Contro l'iscrizione a ruolo il contribuente puo' proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all'ente impositore

 

 

Legge 8 agosto 1995, n. 335.
Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare.

Art. 3.
(Disposizioni diverse in materia assistenziale e previdenziale)

 

…omissis….

 

9. Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:
a) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarieta' previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1 gennaio 1996 tale termine e' ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;
b) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.
10. I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodo precedenti la data di entrata in vigore della presente legge, fatta eccezione per i casi di atti interruttivi gia' compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente. Agli effetti del computo dei termini prescrizionali non si tiene conto della sospensione prevista dall'articolo 2, comma 19, del decreto -legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, fatti salvi gli atti interruttivi compiuti e le procedure in corso.

 

 

 

Ovviamente la soluzione di tale problema va coordinata con gli indirizzi espressi dalla Corte  di Cassazione con riguardo all'ambito di operatività della suddetta norma in tutte le fattispecie di crediti riscossi mediante ruolo o comunque coattivamente. Infatti, pur essendo l'articolo 24, decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, laddove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio, in forza del quale l'ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza,  una norma innovativa per il sistema previdenziale dell'epoca, esso comunque non ha fatto altro che attribuire alla cartella di pagamento ivi prevista effetti propri di altri analoghi titoli previsti già in altri ambiti, effetti che sono stati poi attribuiti anche ai titoli introdotti dal  decreto legge n. 78 del 2010.

Con riguardo all'ambito applicativo dell'articolo 2953, codice civile, nelle fattispecie originate da atti di riscossione coattiva sono stati espressi dalla Corte di Cassazione sostanzialmente due orientamenti  apparentemente non coincidenti.

Secondo l'orientamento maggioritario e di origine più remota in base all'articolo 2953, codice civile, si può verificare la conversione della prescrizione da breve a decennale soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale (vedi, per tutte: Cass. 24 marzo 2006, n. 6628; Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 29 febbraio 2016, n. 3987) o anche di decreto o di sentenza penale di condanna divenuti definitivi (ove si tratti di fattispecie anche penalmente rilevanti).

In particolare per la riscossione coattiva dei crediti la suddetta norma è considerata applicabile esclusivamente quando il titolo sulla base del quale viene intrapresa la riscossione non è più l'atto amministrativo, ma un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo (vedi: Cass. 3 gennaio 1970, n. 1; Cass. 22 dicembre 1989, n. 5777; Cass. 10 marzo 1996, n. 1965; Cass. 11 marzo 1996, n. 1980).

Per tale indirizzo l'atto con cui inizia il procedimento di riscossione forzata, qualunque sia il credito cui si riferisce - quindi, sia che attenga al pagamento di tributi oppure di contributi previdenziali, sia che si riferisca a sanzioni pecuniarie per violazioni tributarie o amministrative e così via - pur avendo natura di atto amministrativo con le caratteristiche del titolo esecutivo (ed eventualmente anche del precetto, come accade per la cartella di pagamento), tuttavia è privo di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato perchè è espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A. Pertanto, l'inutile decorso del termine perentorio per proporre l'opposizione, pur determinando la decadenza dall'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell'articolo 2953, codice civile, ai fini della prescrizione (vedi, tra le tante: Cass. 25 maggio 2007, n. 12263; Cass. 16 novembre 2006, n. 24449; Cass. 26 maggio 2003, n. 8335).

Nella sentenza delle Sezioni Unite 10 dicembre 2009, n. 25790 - nella quale si trattava di stabilire se l'articolo 2953, codice civile, potesse trovare applicazione soltanto in caso di sentenza passata in giudicato pronunciata in giudizi aventi ad oggetto l'obbligazione tributaria o anche in presenza di giudicato su ricorsi avverso provvedimenti di irrogazione di sanzioni tributarie amministrative - è stato affermato che "il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'articolo 2953, codice civile, che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta actio judicati, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’articolo 20, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario".

 

DECRETO LEGISLATIVO 18 dicembre 1997, n. 472

Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

 

Articolo 20.

Decadenza e prescrizione

 

 1. L'atto di contestazione di cui all'articolo 16, ovvero l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno succcessivo a quello in cui e' avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini devono essere resi esecutivi i ruoli nei quali sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell'articolo 17, comma 3.

2. Se la notificazione e' stata eseguita nei termini previsti dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti obbligati in solido il termine e' prorogato di un anno.

3. Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. L'impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento.

 

 

A tale principio - che, come si è detto, tradizionalmente era già stato affermato dalla prevalente giurisprudenza in materia di crediti dell'Amministrazione finanziaria per tributi e sanzioni - si è uniformata la gran parte della giurisprudenza successiva in tale ambito materiale (vedi, per tutte: Cass. 12 marzo 2010, n. 6077; Cass., Sez. 5, 11 marzo 2011 n. 5837; Cass. 13 luglio 2012, n. 1194; Cass. 6 luglio 2012, n. 11380 Cass. 6 luglio 2012, n. 11380; Cass. 5 aprile 2013, n. 8380; Cass. 19 luglio 2013, n. 17669; Cass. 11 dicembre 2013, n. 27674; Cass. 17 gennaio 2014, n. 842; Cass. 23 ottobre 2015, n. 21623 e di recente: Cass. 13 giugno 2016, n. 12074).

Anche con riguardo ai crediti derivanti da omissioni e/o evasioni di contributi previdenziali, per più di trent'anni, quando tali fattispecie erano penalmente rilevanti - a partire da Cass. 1 marzo 1956, n. 623 - è stato affermato il principio secondo cui in caso di condanna con decreto o con sentenza penale per il mancato o ritardato versamento dei contributi assicurativi il diritto dell'INPS al recupero delle somme ivi indicate non è più soggetto alla prescrizione quinquennale di cui all’articolo 55,  Regio Decreto Legge 4 ottobre 1935, n. 1827, - nel testo antecedente l’articolo 41, legge 30 aprile 1969, n. 153 - ma, ai sensi dell'articolo 2953, codice civile, alla prescrizione ordinaria decennale, soltanto dopo che il suddetto provvedimento giurisdizionale sia diventato definitivo (vedi, tra le tante: Cass. 17 giugno 1974, n. 1794).

Dopo la disposta depenalizzazione delle suddette fattispecie, ad opera della legge 24 novembre 1981, n. 689, la giurisprudenza della Sezione Lavoro (vedi, fra le prime: Cass. 14 dicembre 1990, n. 11884) ha affermato che, per effetto del nuovo assetto, agli enti previdenziali è stata data la possibilità di avvalersi per il recupero - anche disgiunto - di contributi, premi, sanzioni civili e sanzioni amministrative, di uno strumento unitario rappresentato, alternativamente, dall'ordinanza-ingiunzione (provvedimento tipico per l'irrogazione e la riscossione della sanzione amministrativa, utilizzato anche per la riscossione dei contributi evasi e delle somme aggiuntive) oppure dal decreto ingiuntivo (strumento tipico per il recupero dei crediti civilistici, utilizzato anche per l'irrogazione e la riscossione della sanzione amministrativa) o ancora (dopo il 1989) dall'ingiunzione prevista dal Regio Decreto 14 aprile 1910, n. 639 (provvedimento amministrativo tipico per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici utilizzabile anche per la riscossione dei crediti previdenziali, nei limiti già consentiti dalla previgente disciplina).

Sicchè, anche prima che la questione fosse esaminata dalla sentenza delle Sezioni Unite 23 giugno 1993, n. 6954, nella giurisprudenza della Sezione Lavoro era, sia pure implicitamente, del tutto pacifico il principio secondo cui l'ordinanza-ingiunzione di pagamento delle sanzioni pecuniarie è un provvedimento amministrativo e non giurisdizionale e, pertanto, si differenzia nettamente dal decreto ingiuntivo (Cass., Sezione Prima, 12 novembre 1992, n. 12189; Id. 1 luglio 1995, n. 733)

Il suddetto indirizzo, del resto, è tuttora incontrastato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (vedi, per tutte: Cass., Sezione Prima, 1 aprile 2004, n. 6362; Cass., Sezione Seconda, 27 luglio 2012, n. 13516).

Questa è la cornice nella quale vanno inserite anche le sentenze della Sezione Lavoro nelle quali, per la prima volta, è stata individuata la categoria dei "c.d. titoli esecutivi paragiudiziali" - accanto a quella dei titoli giudiziali - aventi l'attitudine a diventare, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, definitivi e incontrovertibili (vedi: Cass. 24 settembre 1991, n. 9944).

Tale impostazione non risulta smentita dalle sentenze della Sezione Tributaria nelle quali - specialmente in tema di IVA (Cass. 12 novembre 2010, n. 22977) e in materia di tassa automobilistica (Cass. 15 gennaio 2014, n. 701) - è stato sottolineato che il credito erariale per la riscossione dell'imposta, a seguito di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione o sulla base di sentenza passata in giudicato, è soggetto all'ordinario termine di prescrizione decennale di cui all'articolo 2946, codice civile, decorrente, ai sensi dell'articolo 2935, codice civile, dal momento in cui il "credito diventa esigibile, e cioè dalla data in cui l'accertamento diviene definitivo per mancata impugnazione".

 

 

Articolo  2935, codice civile
Decorrenza della prescrizione.

La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere.

 

Articolo 2946, codice civile
Prescrizione ordinaria.

Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni.

 

 

In tali pronunce, infatti, il suddetto principio risulta affermato al fine di individuare il regime prescrizionale da applicare, in diritto sostanziale, ed escludere l'applicabilità al credito erariale per la riscossione dell'imposta a seguito di accertamento divenuto definitivo del termine di prescrizione quinquennale previsto - "per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi" - dall'articolo 2948, codice civile, n. 4, ovvero di termini decadenziali ancora più brevi (come, ad esempio, quello stabilito dall’articolo 57, Decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

Articolo 2948, codice civile
Prescrizione di cinque anni.

Si prescrivono in cinque anni:

1) le annualità delle rendite perpetue o vitalizie;

1-bis) il capitale nominale dei titoli di Stato emessi al portatore;

2) le annualità delle pensioni alimentari;

3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni;

4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi;

5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.

 

 

 

Decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 n. 633

Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto

 

Articolo 57

Termine per gli accertamenti.

 

Gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti previsti nell'art. 54 e nel secondo comma dell'art. 55 devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui e' stata presentata la dichiarazione. Nel caso di richiesta di rimborso dell'eccedenza d'imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale, se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell'ufficio e la data della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni, il termine di decadenza, relativo agli anni in cui si e' formata l'eccedenza detraibile chiesta a rimborso, e' differito di un periodo di tempo pari a quello compreso tra il sedicesimo giorno e la data di consegna.

In caso di omessa presentazione della dichiarazione l'avviso di accertamento dell'imposta a norma del primo comma dell'art. 55  puo' essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

In caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 , i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui e' stata commessa la violazione.

Fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati, mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullita', i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto.

 

 

Ma non risulta esservi alcun riferimento all'articolo 2953, codice civile, e all'actio judicati.

Ebbene, può dirsi che una delle sentenze della Sezione Tributaria, nelle quali è stato ribadito il suddetto orientamento, abbia inconsapevolmente dato l'inizio alla "disarmonia" di indirizzi in questione.

Si tratta della sentenza della Sezione 5^ 26 agosto 2004, n. 17051, nella quale - in una controversia relativa ad un caso di iscrizione a ruolo per l'IVA - la Corte si è limitata ad affermare espressamente che per effetto della iscrizione "l'Ufficio forma un titolo esecutivo al quale è sicuramente applicabile il termine prescrizionale di dieci anni previsto dall'art. 2946 c.c.", senza peraltro alcuna specifica spiegazione sul punto e senza alcun riferimento all'actio judicati.

E', infatti, accaduto che la Sezione Lavoro, a partire da Cass. 24 febbraio 2014, n. 4338, facendo principale riferimento a tale sentenza n. 17051 del 2004 abbia affermato il principio secondo cui: "una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale di che trattasi e ciò che può prescriversi è soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio judicati ai sensi dell'articolo 2953, codice civile), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'articolo 2946, codice civile".

Nella successiva Cass., Sez. Lav., 8 giugno 2015, n. 11749 è stato ribadito che il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento per proporre opposizione di cui all'articolo 24 cit., deve ritenersi perentorio, perchè diretto a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo. Conseguentemente, per effetto della mancata proposizione dell'opposizione alla cartella esattoriale la pretesa contributiva diviene intangibile e il diritto alla contribuzione previdenziale non è più soggetto ad estinzione per prescrizione, potendo prescriversi "soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi", nel termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'articolo 2946, codice civile, in difetto di diverse disposizioni e "in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio judicati ai sensi dell'articolo 2953, codice civile".

Più di recente la Corte, in Cass., Sez. Lav., 15 marzo 2016, n. 5060 - questa volta in un giudizio in cui era in contestazione la questione degli effetti della mancata tempestiva proposizione dell'opposizione alla cartella di pagamento per contributi omessi sulla prescrizione del credito alla contribuzione previdenziale dell'Istituto - ha ribadito il principio (richiamando le sentenze n. 17051 del 2004, n. 4338 del 2014 e n. 11749 del 2015) che, nel caso di mancata e/o tardiva proposizione di opposizione a cartella esattoriale, la pretesa contributiva previdenziale ad essa sottesa diviene intangibile e non più soggetta ad estinzione per prescrizione, potendo prescriversi soltanto l'azione diretta all'esecuzione del titolo così definitivamente formatosi, riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l'actio judicati ai sensi dell'articolo 2953, codice civile), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all'articolo 2946, codice civile.

Ed ha aggiunto che ciò deriva dalla perentorietà da riconoscere al termine previsto dall'articolo 24 cit., che è finalizzata a rendere non più contestabile dal debitore il credito contributivo dell'ente previdenziale, in caso di omessa tempestiva impugnazione e a consentire così una rapida riscossione del credito medesimo.

A quanto si è detto consegue che quest'ultima è l'unica pronuncia in cui certamente ed efficacemente è stata affermata in modo vincolante l'applicabilità dell'articolo 2953, codice civile, alla cartella di pagamento divenuta definitiva perchè non opposta nel termine perentorio.

Tutto questo porta a concludere che la "disarmonia" che si è creata nell'ambito della giurisprudenza poggia su un equivoco derivante dalla erronea determinazione del contenuto della sentenza n. 17051 del 2004 cit., trascinatasi per inerzia nel tempo, senza alcun particolare approfondimento e che ha prodotto effetti giuridici validi in un solo caso (sentenza n. 5060 del 2016).

Ne deriva che, nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Cassazione, tale disarmonia non ha avuto grandi conseguenze, ma ne ha sicuramente prodotte - di molto incisive - nella giurisprudenza del merito e, in genere, nella interpretazione e nell'applicazione delle norme di riferimento, in un settore di grande "impatto" come quello della riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali, tributari e così via.

Pertanto, appare opportuno precisare che la correttezza dell'orientamento tradizionale è confermata, oltre che dalla precedente sentenza delle Sezioni Unite 10 dicembre 2009, n. 25790, da molteplici ulteriori elementi.

In primo luogo, va ricordato che, nell'ambito della giurisprudenza della Corte di Cassazione nella quale viene da sempre sottolineato che la disciplina della prescrizione è "di stretta osservanza ed è insuscettibile d'interpretazione analogica" (vedi, per tutte: Cass. 15 luglio 1966, n. 1917 e Cass. 18 maggio 1971, n. 1482) è pacifico che:

a) se in base all'articolo 2946, codice civile, la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che la legge disponga diversamente, nel caso dei contributi previdenziali è appunto la legge che dispone diversamente (articolo 3, comma 9, legge n. 335 del 1995);

b) la norma dell'articolo 2953, codice civile, non può essere applicata per analogia oltre i casi in essa stabiliti;

c) la prescrizione decennale da "actio judicati", prevista dall'articolo 2953, codice civile. decorre non dal giorno in cui sia possibile l'esecuzione della sentenza nè da quello della sua pubblicazione, ma dal momento del suo passaggio in giudicato;

d) la conversione della prescrizione breve in quella decennale per effetto della formazione del titolo giudiziale ex articolo 2953, codice civile, ha il proprio fondamento esclusivo nel titolo medesimo, sicchè non incide sui diritti non riconducibili a questo e, dunque, non opera per i diritti maturati in periodi successivi a quelli oggetto del giudicato di condanna;

e) il generico riferimento al "diritto" per il quale sia stabilita un termine di prescrizione breve contenuto nell'articolo 2953, codice civile, consente di ritenere che laddove intervenga un giudicato di condanna (anche generica), la conversione del termine di prescrizione breve del diritto in quello decennale si estende pure ai coobbligati solidali anche se rimasti estranei al relativo giudizio (vedi, per tutte:  Cass. 10 marzo 1976, n. 839; Cass. 14 aprile 1972, n. 1173; Cass. 17 giugno 1965, n. 1961; Cass. 17 agosto 1965, n. 1961; Cass. 20 ottobre 1964, n. 2633).

Quest'ultimo effetto, all'evidenza, si attaglia solo ad un titolo esecutivo giudiziale.

E' notorio che soltanto un atto giurisdizionale può acquisire autorità ed efficacia di cosa giudicata e, che il giudicato, dal punto di vista processuale, spiega effetto in ogni altro giudizio tra le stesse parti per lo stesso rapporto e dal punto di vista sostanziale rende inoppugnabile il diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all'inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del "petitum" ovvero della "causa petendi" della originaria domanda.

Della necessità che vi sia un atto giurisdizionale divenuto cosa giudicata, ai fini dell'applicabilità della conversione del termine prescrizionale ai sensi dell'articolo 2953, codice civile, si ha conferma anche nella consolidata giurisprudenza secondo cui, in tema di riscossione delle imposte e delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, tale conversione non opera se la definitività dell'accertamento deriva non da una sentenza passata in giudicato, ma dalla dichiarazione di estinzione del processo tributario per inattività delle parti (tra le tante, di recente: Cass. 6 marzo 2015, n. 4574).

Anche il carattere perentorio del termine previsto dall’articolo 24, comma 5, decreto legislativo . n. 46 del 1999, è assodato ed è altrettanto certo che esso è funzionalizzato a rendere non più contestabile il credito contributivo, in caso di omessa tempestiva impugnazione, ed a consentirne una "rapida riscossione".

Infine, è indubbio che sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell'Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono atti amministrativi privi dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.

Questo, peraltro, non significa che la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione non produca alcun effetto, in quanto tale decorrenza determina la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, producendo l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito.

Ma è evidente che, per tutte le suddette ragioni, tale scadenza non può certamente comportare l'applicazione l'articolo 2953, codice civile, ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, anche perchè, fra l'altro, un simile effetto si porrebbe in contrasto con la ratio della perentorietà del termine per l'opposizione.

Se, come si è detto, è pacifico che tale ratio sia quella di consentire una "rapida riscossione" del credito, l'allungamento immotivato del termine prescrizionale in favore dell'ente creditore si porrebbe, all'evidenza, in contrasto con tale ratio, oltre mettere il debitore in una situazione di perenne incertezza in una materia governata dal principio di legalità, cui per primi sono tenuti ad uniformarsi gli stessi Enti della riscossione e creditori.

Nè va omesso di ricordare che, in sede di presentazione della "nuova" cartella di pagamento, prevista dal decreto legislativo n. 46 del 1999, venne sottolineato che la relativa adozione era finalizzata a realizzare la "massima trasparenza e comprensibilità" per i destinatari delle questioni giuridiche da esse implicate, visto che la cartella, oltre a costituire l'estratto del ruolo riferito al singolo contribuente, era destinata ad assorbire anche la funzione di titolo esecutivo e di precetto (messa in mora).

Ci si preoccupava, quindi, di tutelare i diritti del contribuente, al fine di evitare che potesse subire una riscossione coattiva senza comprenderne adeguatamente le ragioni. Il che vale, a maggior ragione, con riguardo ad un eventuale imprevisto allungamento del termine di prescrizione del credito, quale originariamente stabilito.

Da ultimo, deve essere escluso - per plurime ragioni - che, per la soluzione della presente questione, si possa fare riferimento alla disposizione di cui all’articolo 20, decreto legislativo . n. 112 del 1999, nel testo introdotto dall’articolo 1, comma 683, legge n. 190 del 2014, - che ha sostituito integralmente il suddetto articolo 20.

 

 

Decreto legislativo del 13/04/1999 n. 112

Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337

Articolo 20

Procedura di discarico per inesigibilita' e reiscrizione nei ruoli

1. Il competente ufficio dell'ente creditore da' impulso alla procedura di controllo con la notifica, all'agente della riscossione competente, della comunicazione di avvio del procedimento, nella quale puo' contestualmente chiedere la trasmissione della documentazione ai sensi dell'articolo 19, comma 6. Lo stesso ufficio, se ritiene non rispettate le disposizioni dell'articolo 19, comma 2, lettere a), d), d-bis) ed e), entro centottanta giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, o, se richiesta, dalla trasmissione, ai sensi dell'articolo 19, comma 6, della documentazione, notifica, a pena di decadenza, apposito atto di contestazione all'agente della riscossione, che non oltre i successivi novanta giorni puo' produrre osservazioni. L'atto di contestazione deve contenere, a pena di nullita', l'esposizione analitica delle omissioni e dei vizi o delle irregolarita' riscontrati in rapporto alla descrizione delle corrette modalita' di svolgimento dell'attivita'. Decorso tale termine, l'ufficio, a pena di decadenza, entro sessanta giorni, ammette o rifiuta il discarico con provvedimento a carattere definitivo, ovvero, laddove le osservazioni prodotte facciano emergere la possibilita' di riattivare proficuamente le attivita' esecutive, assegna all'agente della riscossione un termine non inferiore a dodici mesi per l'espletamento di nuove azioni, riservando la decisione allo scadere di tale termine.

2. Il controllo di cui al comma 1 e' effettuato dall'ente creditore, tenuto conto del principio di economicita' dell'azione amministrativa e della capacita' operativa della struttura di controllo e, di norma, in misura non superiore al 5 per cento delle quote comprese nelle comunicazioni di inesigibilita' presentate in ciascun anno.

3. Se l'agente della riscossione non ha rispettato le disposizioni dell'articolo 19, comma 2, lettera c), si procede ai sensi del comma 1 del presente articolo immediatamente dopo che si e' verificata la causa di perdita del diritto al discarico.

4. Nel termine di novanta giorni dalla notificazione del provvedimento definitivo di cui al comma 1 del presente articolo, l'agente della riscossione puo' definire la controversia con il pagamento di una somma, maggiorata degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della cartella, pari a un ottavo dell'importo iscritto a ruolo e alla totalita' delle spese di cui all'articolo 17, commi 6 e 7-ter, se rimborsate dall'ente creditore ovvero, se non procede alla definizione agevolata, puo' ricorrere alla Corte dei conti. Decorso tale termine, in mancanza di definizione agevolata o di ricorso, la somma dovuta dall'agente della riscossione e' pari a un terzo dell'importo iscritto a ruolo con aggiunta degli interessi e delle spese di cui al periodo precedente.

5. Le disposizioni sulla definizione agevolata di cui al comma 4 del presente articolo non si applicano ai ruoli relativi alle risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, resi esecutivi dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli e agli atti di accertamento emessi dalla stessa Agenzia, ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, per la riscossione delle medesime risorse proprie; in caso di mancato ricorso alla Corte dei conti, la somma dovuta dall'agente della riscossione e' pari all'importo iscritto a ruolo con aggiunta degli interessi e delle spese di cui al citato comma 4.

6. L'ente creditore, qualora nell'esercizio della propria attivita' istituzionale individui, successivamente al discarico, l'esistenza di significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili agli stessi debitori, puo', a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale, sulla base di valutazioni di economicita' e delle esigenze operative, riaffidare in riscossione le somme, comunicando all'agente della riscossione i nuovi beni da sottoporre a esecuzione, ovvero le azioni cautelari o esecutive da intraprendere. Le modalita' di affidamento di tali somme sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In tal caso, l'azione dell'agente della riscossione e' preceduta dalla notifica dell'avviso di intimazione previsto dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.

 

Il suddetto articolo 20, va letto all'interno del decreto legislativo n. 112 del 1999, (e non all'interno della legge n. 190 del 2014) che è il decreto attuativo della Legge di delega n. 337 del 1998 dedicato ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione, che contiene un complessivo riordino della disciplina della riscossione mediante ruoli, basato su una profonda revisione dei rapporti tra ente impositore e agente della riscossione.

Tale revisione risulta principalmente riferita al Servizio nazionale della riscossione mediante ruolo organizzato dal Ministero delle finanze e articolato in ambiti territoriali affidati a concessionari di pubbliche funzioni (vedi D.Lgs. n. 112 cit., art. 2 e ss.).

Infatti, se in base all'articolo 3, del decreto - come regola generale - la concessione del servizio nazionale della riscossione viene affidata con decreto del Ministero delle finanze (comma 4), tuttavia "per le province ed i comuni restano ferme le disposizioni contenute nel D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 52 e 53, e, per gli enti previdenziali, quelle contenute nel Capo III del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241".

Dalla complessiva lettura del decreto legislativo n. 112 del 1999, e dai minimi riferimenti espressi in esso contenuti alla riscossione dei contributi effettuata dagli Enti previdenziali (vedi lo stesso D.Lgs. n. 112 cit., art. 22, comma 1, e art. 61), si trae conferma del fatto che si tratta di un decreto principalmente rivolto alla riscossione dei tributi.

A questo può aggiungersi che, in ogni caso, l'articolo 20 comma 6, è inutilizzabile nella specie anche perchè - pur nell'ambito della riscossione fiscale si tratta di una norma che non ha alcuna attinenza ai rapporti tra contribuente ed Ente impositore, riguardando - in modo emblematico - i rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione come risulta evidente ove si consideri che il Capo II del decreto legislativo n. 112 cit. contiene i "Principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario" e la Sezione I di tale Capo (artt. da 17 a 21) disciplina i "Diritti del concessionario", regolando il "Discarico per inesigibilità" all'articolo 19 e la "Procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli" all'articolo 20.

 

Può anzi dirsi che tali ultimi due articoli contengano la disciplina più "qualificante" del riordino della riscossione - fiscale - effettuato dal decreto legislativo n. 112 cit., sulla premessa dell'avvenuta eliminazione - ad opera dell’articolo 2, decreto legislativo n. 37 del 1999,  emanato in attuazione della stessa Legge di delega n. 337 del 1998, articolo 1, lett. c), - del preesistente "obbligo del non riscosso come riscosso", in base al quale a carico dell'esattore prima e del concessionario poi gravava l'onere di versare alle prescritte scadenze all'ente impositore l'ammontare pro rata dei crediti iscritti a ruolo, anche se non pagati dal debitore (articolo 32, comma 3, Decreto Presidente della Repubblica  28 gennaio 1988, n. 43).

L'abolizione di tale obbligo, infatti, ha portato ad un incisivo mutamento dei rapporti tra l'ente impositore e l'agente della riscossione, nel senso che a decorrere dal 1999 quest'ultimo non è dunque più tenuto a riversare all'ente impositore le somme eventualmente corrispondenti ai ruoli trasmessi, ma deve versare soltanto ciò che effettivamente riesce a riscuotere, tempo per tempo.

Di conseguenza tale riforma è stata accompagnata dalla introduzione - per le riscossioni non andate a buon fine - di una procedura diretta a consentire all'agente della riscossione di porre termine alle attività di riscossione effettuate in favore dell'ente impositore.

Tale procedimento, ha assunto il nome di "procedura di discarico per inesigibilità" ed è quella disciplinata dal menzionato decreto legislativo n. 112 del 1999, articolo 19 e ss..

In base all'articolo 19 - al di là delle ipotesi in cui opera il discarico automatico, che sono proprio quelle per le quali l'articolo 61, del decreto stabilisce espressamente l'applicabilità della relativa disciplina (di cui all'articolo 60, commi da 1 a 3) "ai ruoli degli enti previdenziali" l'agente della riscossione o il concessionario per poter ottenere il discarico delle "quote iscritte a ruolo" indicate nella comunicazione di inesigibilità inviata all'ente creditore, è tenuto a fornire a tale ente la prova della correttezza del proprio operato.

 

 

Articolo 19

Discarico per inesigibilita'.

1. Ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilita'. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalita' stabilite con decreto del Ministero delle finanze, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, fatto salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge. La comunicazione e' trasmessa anche se, alla scadenza di tale termine, le quote sono interessate da procedure esecutive o cautelari avviate, da contenzioso pendente, da accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali e previdenziali in corso, da insinuazioni in procedure concorsuali ancora aperte, ovvero da dilazioni in corso concesse ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. In tale caso, la comunicazione assume valore informativo e deve essere integrata entro il 31 dicembre dell'anno di chiusura delle attivita' in corso ove la quota non sia integralmente riscossa.

2. Costituiscono causa di perdita del diritto al discarico:

a) la mancata notificazione imputabile al concessionario, della cartella di pagamento, prima del decorso del nono mese successivo alla consegna del ruolo e, nel caso previsto dall'articolo 32, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, entro il terzo mese successivo all'ultima rata indicata nel ruolo;

b) (lettera abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2015, dall'art. 1, comma 682 legge 23 dicembre 2014 n. 190);

c) la mancata presentazione della comunicazione di inesigibilita' prevista dal comma 1 entro i termini stabiliti dalla legge;

d) il mancato svolgimento dell'azione esecutiva, diversa dall'espropriazione mobiliare, su tutti i beni del contribuente la cui esistenza, al momento del pignoramento, risultava dal sistema informativo del Ministero delle finanze, a meno che i beni pignorati non fossero di valore pari al doppio del credito iscritto a ruolo, nonche' sui nuovi beni la cui esistenza e' stata comunicata dall'ufficio ai sensi del comma 4;

d-bis) il mancato svolgimento delle attivita' conseguenti alle segnalazioni di azioni esecutive e cautelari effettuate dall'ufficio ai sensi del comma 4;

e) la mancata riscossione delle somme iscritte a ruolo, se imputabile al concessionario; sono imputabili al concessionario e costituiscono causa di perdita del diritto al discarico i vizi e le irregolarita' compiute nell'attivita' di notifica della cartella di pagamento e nell'ambito della procedura esecutiva, salvo che gli stessi concessionari non dimostrino che tali vizi ed irregolarita' non hanno influito sull'esito della procedura o che non pregiudicano, in ogni caso, l'azione di recupero.

3. Per le quote contenute nelle comunicazioni di inesigibilita' che non sono soggette a successiva integrazione, presentate in uno stesso anno solare, l'agente della riscossione e' automaticamente discaricato decorso il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, fatte salve quelle per le quali l'ente creditore abbia, entro tale termine, avviato l'attivita' di controllo ai sensi dell'articolo 20. I crediti corrispondenti alle quote discaricate sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore.

4. Fino al discarico di cui al comma 3, resta salvo, in ogni momento, il potere dell'ufficio di comunicare al concessionario l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive nonche' conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo. A tal fine l'ufficio dell'Agenzia delle entrate si avvale anche del potere di cui all'articolo 32, primo comma n. 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 51, secondo comma n. 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

5. La documentazione cartacea relativa alle procedure esecutive poste in essere dal concessionario e' conservata, fino al discarico delle relative quote, dallo stesso concessionario.

6. Fino al discarico di cui al comma 3, l'ufficio puo' richiedere al concessionario la trasmissione, entro centoventi giorni, della documentazione relativa alle quote per le quali intende esercitare il controllo di merito, ovvero procedere alla verifica della stessa documentazione presso il concessionario; se entro tale termine, il concessionario non consegna, ovvero non mette a disposizione, tale documentazione perde il diritto al discarico della quota.

6-bis. L'ente creditore adotta, nelle more dell'eventuale discarico delle quote affidate, i provvedimenti necessari ai fini dell'esecuzione delle pronunce rese nelle controversie in cui e' parte l'agente della riscossione.

 

Articolo 60

Definizione automatica delle domande di rimborso e di discarico dei ruoli erariali e rimborso delle relative anticipazioni

1. Relativamente   alle   quote non superiori a cinquecento milioni di lire, i  concessionari possono   definire   automaticamente le domande di rimborso e di  discarico per   inesigibilita'   da essi presentate fino al 31 dicembre 1997 e  giacenti presso gli uffici e non ancora esaminate.
 2. Al   fine   di accedere alla definizione di cui al comma 1, i concessionari  presentano entro  il 31 luglio 1999 all'ufficio che ha effettuato l'iscrizione  a ruolo   una   richiesta, nella quale dichiarano, in conformita' alle vigenti  norme sull'autocertificazione   e   per le quote inserite nelle domande per le  quali esercitano la facolta' di definizione automatica:
 a) la   sussistenza   delle   condizioni  indicate nell'articolo 24, comma 13,  lettere a)   e   c),   della  legge 27 dicembre 1997, n. 449 e l'assenza della  condizione ostativa di cui alla lettera b) dello stesso articolo 24, comma 13,  della legge n. 449 del 1997, nonche' di provvedimenti di sgravio per indebito;
 b) l'importo  delle quote inserite nelle domande e, limitatamente alle domande  di rimborso,   quello   delle relative anticipazioni, calcolato al netto degli  sgravi provvisoni e dei provvedimenti di dilazione.
 3. La  somma da corrispondere a ciascun concessionario e' pari al 99 per cento  dell'importo delle   anticipazioni  relative alle domande di rimborso definite  automaticamente, calcolato    al    netto    degli    sgravi  provvisori e dei  provvedimenti di dilazione.
…omissis…
 

Articolo 61

Definizione automatica delle domande di rimborso e di discarico dei ruoli non erariali e rimborso delle anticipazioni

1. Le   disposizioni dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 60 possono applicarsi ai ruoli degli enti previdenziali.
2. Le  disposizioni dell'articolo 60, commi 1, 2 e 3, possono essere applicate  anche ai ruoli degli altri enti creditori, sulla base di apposita convenzione,  nella quale e' determinata la percentuale delle anticipazioni da rimborsare.
 2-bis. La   definizione   automatica   di   quote inserite in ruoli degli enti  territoriali eseguita   ai   sensi   del   comma 2 produce effetti anche sulle  addizionali erariali contenute in tali ruoli.
 2-ter. Il   pagamento ai concessionari delle somme ad essi dovute ai sensi del  comma 2-bis avviene con le modalita' indicate nell'articolo 57-bis, comma 2.

 

 

Nel successivo articolo 20, il legislatore ha introdotto una procedura con la quale l'ente creditore può svolgere il proprio controllo sull'operato dell'agente della riscossione nel recupero della quota.

Come precisato dalla giurisprudenza, la procedura di discarico per inesigibilità di quote di imposta, di cui agli articoli 19 e 20, decreto legislativo n. 112 del 1999, ha carattere meramente amministrativo e riguarda esclusivamente il rapporto giuridico di dare-avere intercorrente tra il concessionario e l'ente creditore, al fine di accertare se sussista o meno il diritto al rimborso (vedi: Cass. SU 29 ottobre 2014, n. 22951; Corte Conti Calabria Sez. giurisdiz. 7 marzo 2011, n. 150; Corte Conti Sicilia Sez. giurisdiz., 4 ottobre 2010, n. 2041).

Nell'ambito di tale procedura, all'articolo 20, comma 6, è stata prevista una "norma generale di salvaguardia per l'ente creditore", stabilendosi che qualora tale ente, nell'esercizio della propria attività istituzionale individui - successivamente al discarico - l'esistenza di significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili agli stessi debitori, può, "a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale", sulla base di valutazioni di economicità e delle esigenze operative, riaffidare in riscossione le somme, comunicando all'agente della riscossione i nuovi beni da sottoporre a esecuzione, ovvero le azioni cautelari o esecutive da intraprendere. In questo caso, l'azione dell'agente della riscossione deve essere preceduta dalla notifica dell'avviso di intimazione previsto dall’articolo 50,  Decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA29 settembre 1973, n. 602

Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

 

Articolo 50.

(Termine per l'inizio dell'esecuzione).

1. Il concessionario procede ad espropriazione forzata quando e' inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento.

2. Se l'espropriazione non e' iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalita' previste dall'articolo 26 di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.

3. L'avviso di cui al comma 2 e' redatto in conformita' al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorsi centottanta giorni dalla data della notifica.

 

 

 

La norma è chiaramente applicabile soltanto alla riscossione fiscale per molteplici ragioni:

a) essa risponde alla medesima logica del precedente articolo 19, comma 4, secondo cui "fino al discarico di cui al comma 3", resta salvo, in ogni momento, il potere dell'ufficio creditore di comunicare al concessionario l'esistenza di nuovi beni da sottoporre ad esecuzione e di segnalare azioni cautelari ed esecutive nonchè conservative ed ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore da intraprendere al fine di riscuotere le somme iscritte a ruolo. A tal fine l'ufficio dell'Agenzia delle entrate si avvale anche del potere di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, articolo 32, comma 1, n. 7), e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, articolo. 51, comma 2, n. 7), (norme che prevedono iniziative di ufficio in materia di accertamento e riscossione, rispettivamente, in materia delle imposte sui redditi e di IVA);

b) fa - utilizzando una espressione ellittica - riferimento al temine di prescrizione decennale, che è quello che si applica ordinariamente all'esercizio del potere di riscossione fiscale (vedi, da ultimo, Cass. 30 giugno 2016, n. 13418), benchè, come si è detto, la Corte costituzionale abbia considerato spesso iniqua per il contribuente l'applicazione di un termine così lungo di prescrizione e abbia anche affermato l'irragionevolezza del trasferimento sul contribuente di termini decadenziali o prescrizionali fissati per attività interne dell'Amministrazione (vedi Corte cost. ord. n. 352 del 2004 e sent. n. 280 del 2005);

c) nel suo complessivo contenuto risulta incompatibile con il principio di "ordine pubblico" della irrinunciabilità della prescrizione dei contributivi assicurativi in materia di previdenza e assistenza obbligatoria di cui si è detto (vedi: Cass., Sez. lav., 15 ottobre 2014, n. 21830).

In sintesi, il suddetto riferimento alla prescrizione decennale, nell'articolo 20, comma 6 cit., risulta effettuato sempre in ambito sostanziale e senza alcun possibile riferimento all'art. 2953 c.c., visto che pacificamente viene richiamato con riguardo alla attività amministrativa di riscossione - per la quale, in ambito fiscale, vale, come regola generale, il termine ordinario della prescrizione - nell'ambito di una procedura (di discarico per inesigibilità) del pari di natura pacificamente amministrativa.

La questione di massima di particolare importanza sottoposta all'attenzione delle Sezioni Unite - e la ivi denunziata disarmonia riscontratasi tra le pronunce delle diverse Sezioni semplici di questa Corte - possono, pertanto, risolversi, con l'affermazione dei seguenti principi di diritto:

1) "la scadenza del termine - pacificamente perentorio - per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, articolo 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo la legge n. 335 del 1995, articolo 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'articolo 2953, codice civile. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l'avviso di addebito dell'INPS, che dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (articolo 30, decreto legge)";

2) "è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'articolo 2953, codice civile. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'articolo 2953, codice civile, tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo".