Occupazione abusiva di suolo pubblico di attività di somministrazione: gli atti impositivi per il ripristino dello stato dei luoghi

03.11.2016 16:33

di Marco Massavelli

Vice Comandante Polizia Municipale Druento (TO)

 

L’occupazione di suolo pubblico abusiva, relativamente ad un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, si concretizza anche solo per il mero posizionamento dei tavoli sul selciato, a nulla rilevando l’assenza di strutture infisse, posto che l’occupazione si concretizza nella sottrazione al libero transito dell’area, a prescindere dalle modalità concrete con le quali essa viene posta in essere. E’ il principio di diritto stabilito dal Tar Lazio, sez. II ter, con la sentenza n. 10312, del 14 ottobre 2016.

La polizia municipale, durante un controllo annonario-commerciale, accerta un’occupazione di suolo pubblico abusiva, di circa mq. 22,10, realizzata a servizio di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico e consistente nel posizionamento di tavolini e sedie, senza strutture fisse o comportanti volumetria, come ombrelloni, pedane o recinzioni.

Procede, quindi, con l’accertamento della violazione dell’articolo 20, codice della strada, e l’applicazione delle relative sanzioni amministrative: in particolare, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria, il comma 5 prescrive la sanzione amministrativa accessoria dell’obbligo del ripristino dello stato dei luoghi e di rimozione di opere abusive nei confronti del trasgressore (cfr. articolo 211, codice della strada).

Ma non basta: si deve rammentare come la legge 15 luglio 2009, n. 94, "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", all’articolo 3, commi 16 e segg., ha previsto, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico di cui all'articolo 20, codice della strada, che il sindaco (si legga, Dirigente/Responsabile dell’ufficio competente), per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell'esercizio fino al pieno adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

Inoltre, se si tratta di occupazione a fine di commercio, come nel caso di specie, copia del relativo verbale di accertamento deve essere trasmessa, a cura dell'ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell'articolo 36, ultimo comma, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Nel caso in cui, invece, si accerti una reiterazione (cfr. articolo 8-bis, legge 689/81) nell’occupazione di suolo pubblico in violazione delle norme di legge e del regolamento comunale, l'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione per l'esercizio dell'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, dispone, previa diffida, la sospensione dell'attività per un periodo non superiore a tre giorni (articolo 6, legge 25 marzo 1997, n. 77).

Si deve, preliminarmente, sottolineare, come l’articolo 3, legge 94/2009, stabilisca una mera facoltà discrezionale per il sindaco/prefetto di emettere l’apposita ordinanza (in quanto “possono ordinare”), mentre l’articolo 6, legge 77/97, impone l’obbligo di disporre la sospensione dell’attività per un periodo non superiore a tre giorni.

Relativamente al potere discrezionale di cui all’articolo 3, legge 94/2009, il Tar Campania – Napoli, con la sentenza n. 4391, del 23 settembre 2016, ha statuito che qualora non vi sia alcuna esigenza di reintegrare lo stato dei luoghi precedente, viene a mancare il parametro stesso di riferimento cui è connesso l’ordine di chiusura. In altri termini, se lo stato dei luoghi è già ripristinato, un ordine di ripristino è palesemente privo di oggetto e della sua ragion d’essere e quindi l’atto risulta nullo per difetto di un elemento essenziale, ex articolo 21-sepries, legge n. 241 del 1990 (cfr. TAR Campania, sez. VII, 25 maggio 2015, n. 2882), per cui rimane corrispondentemente preclusa la possibilità di ordinare la chiusura per un ripristino che è stato già attuato fin dall’epoca dell’accertamento dell’abusiva occupazione.

Operativamente, quindi, accertata la violazione dell’articolo 20, codice della strada, il relativo verbale deve essere inviato al SUAP del Comune territorialmente competente, che provvederà all’applicazione delle relative sanzioni accessorie.

Il responsabile del SUAP emette apposita ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi e di rimozione di opere abusive nei confronti del trasgressore.

Competenza del responsabile del SUAP è quella di emettere ordinanza, a norma dell’articolo 3, comma 16, legge 94/2009, per la chiusura dell'esercizio fino al pieno adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni, ovvero, in caso di reiterazione dell’occupazione abusiva, di sospensione dell’attività per un periodo non superiore a tre giorni, ai sensi dell’articolo 6, legge 77/97: è sempre necessario emettere e notificare apposita preventiva comunicazione di avvio del procedimento di sospensione/chiusura, ai sensi della legge 241/90, consentendo all’interessato di presentare eventuali documenti o controdeduzioni scritte, nei termini di cui all’articolo 10-bis.

L’ordinanza, essendo un atto recettizio, avrà efficacia, dal momento della sua notifica all’interessato.

Il Tar Lazio, in particolare, precisa che l’occupazione di area pubblica a servizio di locali di ristorazione per l’installazione di arredi e suppellettili per la clientela non può avvenire sine titulo, ancorchè per ragioni di fatto legate a condizioni di contesto variamente caratterizzate da asserite disparità di trattamento per altri locali concorrenti, dovendo sempre essere intermediata da un provvedimento costitutivo dell’Amministrazione; né vale a costituire un legittimo titolo di occupazione il silenzio che eventualmente il Comune abbia serbato su una istanza di concessione dell’occupazione medesima: non vale il c.d. silenzio-assenso, di cui all’articolo 20, legge 241/90, ma deve essere sempre necessariamente rilasciata apposita autorizzazione.
A nulla vale che il posizionamento dei tavolini sull’area pubblica sia stato disposto per meri motivi transitori e di logistica: fa fede, fino a querela di falso, il verbale di accertamento dei fatti redatto dall’organo accertatore, che descrive compiutamente l’occupazione abusiva.