Ricorsi ai verbali del codice della strada posta in capo al Prefetto invece che al Presidente della Giunta regionale

05.12.2013 17:42

Ordinanza Corte Costituzionale 20 novembre 2013 n. 283


 ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), promossi dal Giudice di pace di Albenga con tre ordinanze del 12 febbraio 2013, rispettivamente iscritte ai nn. 111, 112 e 113 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 ottobre 2013 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che con tre ordinanze di identico tenore, tutte del 12 febbraio 2013 (r.o. nn. 111, 112 e 113 del 2013), il Giudice di pace di Albenga ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), per violazione dell’art. 76 della Costituzione;

che i giudizi a quibus hanno ad oggetto opposizioni avverso ordinanze-ingiunzione dell’Ufficio territoriale del Governo di Savona (Prefettura di Savona) rese a seguito del rigetto di ricorsi al Prefetto di Savona;

che gli opponenti, con il ricorso introduttivo, hanno dedotto l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002 in riferimento all’art. 76 Cost., in relazione all’art. 2, comma 1, lettera d), della legge 22 marzo 2001, n. 85 (Delega al Governo per la revisione del nuovo codice della strada), nella parte in cui non attribuisce il potere di decidere − riguardo ai ricorsi amministrativi in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale − al presidente della giunta regionale;

che le questioni, secondo il Giudice di pace di Albenga, sono rilevanti in quanto i giudizi di opposizione alle ordinanze-ingiunzione dei prefetti hanno ad oggetto non l’atto ma il rapporto, con cognizione piena del giudice, anche in relazione ai profili di competenza;

che il problema della sussistenza del potere di decidere il ricorso avverso il verbale di violazione di norme sulla circolazione stradale in capo al presidente della giunta regionale, anziché al prefetto, è materia rilevante nei giudizi a quibus, perché, qualora la norma denunciata si rivelasse in contrasto con il dettato costituzionale, l’opposizione dovrebbe essere accolta per vizio di incompetenza del provvedimento impugnato;

che il rimettente, quanto alla non manifesta infondatezza della questione, richiama l’ordinanza n. 89 del 2009 della Corte costituzionale che ha ritenuto inammissibile un’analoga questione di costituzionalità sollevata dal Giudice di pace di Taranto;

che, in quell’occasione, la medesima censura era rivolta a disposizioni contenute nel decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 214, e la questione era stata dichiarata manifestamente inammissibile in quanto il rimettente aveva invocato, quale parametro costituzionale violato, l’art. 76 Cost., che riguarda esclusivamente i rapporti tra legge delegante e legge delegata, mentre nella specie era censurata una norma contenuta nella legge di conversione di un decreto-legge;

che l’odierno rimettente, per superare il motivo di inammissibilità di cui all’ordinanza n. 89 del 2009, ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale avverso l’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002, nella parte in cui non attribuisce il potere di decidere – riguardo ai ricorsi amministrativi in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale − al presidente della giunta regionale e nella parte in cui si limita a modificare l’art. 208 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e non modifica gli artt. 203 e 204 del codice della strada sostituendo la locuzione «prefetto» con quella «presidente della giunta regionale»;

che, secondo il rimettente, risulterebbe violato il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), della legge delega n. 85 del 2001, in base al quale le funzioni ordinatorie demandate ai prefetti dovevano essere attribuite ai presidenti delle giunte regionali o delle province autonome, fatte salve le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, cosicché la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 76 Cost.;

che l’art. 15 censurato è l’unica norma del d.lgs. n. 9 del 2002 contenente disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’art. 1, comma 1, della legge n. 85 del 2001;

che, conclude il rimettente, il potere di decidere i ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti di accertamento della violazione di norme sulla circolazione stradale non può essere ricondotto ad esigenze di ordine e sicurezza pubblica, le quali, secondo il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), della legge delega n. 85 del 2001, costituivano l’unica eccezione al trasferimento ai presidenti delle giunte regionali o delle province autonome delle funzioni ordinatorie demandate ai prefetti;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata;

che l’Avvocatura dello Stato evidenzia come il richiamo all’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002 sia del tutto inconferente in quanto la norma ha ad oggetto la modifica dell’art. 208 del codice della strada, in materia di criteri di distribuzione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate a seguito di violazioni di norme sulla circolazione stradale;

che la disposizione richiamata non attiene in alcun modo alla questione delle funzioni ordinatorie del prefetto che, invece, sono disciplinate dagli artt. 203 e 204 del codice della strada;

che tali norme non sono state oggetto di modifica da parte dell’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002, né da parte di altra norma del medesimo decreto e, pertanto, vi sarebbe un’erronea e/o incompleta individuazione della norma censurata;

che, inoltre, la questione sarebbe infondata, in quanto la figura dell’eccesso di delega implicherebbe il superamento dei limiti imposti dal legislatore delegante e dall’art. 76 Cost., mentre la questione sollevata dal remittente dovrebbe più correttamente essere ricondotta alle ipotesi di cosiddetto «eccesso di delega in minus», ossia a quei casi di parziale attuazione della delega da parte del Governo;

che, secondo la giurisprudenza costituzionale, «l’esercizio incompleto della delega non comporta di per sé violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione, salvo che ciò non determini uno stravolgimento della legge di delegazione» (sentenza n. 149 del 2005);

che dovrebbero ritenersi infondate «le censure per l’attuazione soltanto parziale della delega, da tale circostanza potendo semmai derivare una responsabilità politica del Governo verso il Parlamento, quando la delega abbia carattere imperativo, ma non anche la illegittimità costituzionale delle norme frattanto emanate, sempre che, per il loro contenuto, non siano tali da porsi in contrasto con i principi e i fini della legge di delegazione» (sentenza n. 41 del 1975; nello stesso senso: sentenze n. 23 del 2000, n. 323 del 1999 e n. 218 del 1987).

Considerato che il Giudice di pace di Albenga ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), – in riferimento all’art. 76 della Costituzione − nella parte in cui non attribuisce al presidente della giunta regionale il potere di decidere i ricorsi amministrativi in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale e nella parte in cui si limita a modificare l’art. 208 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e non modifica gli artt. 203 e 204 del codice della strada, sostituendo la locuzione «prefetto» con quella «presidente della giunta regionale»;

che, secondo il rimettente, la norma censurata, pur essendo di diretta attuazione della legge 22 marzo 2001, n. 85 (Delega al Governo per la revisione del nuovo codice della strada), si porrebbe in contrasto con il criterio direttivo indicato nell’art. 2, comma 1, lettera d), della medesima legge delega, concernente l’attribuzione al presidente della giunta regionale o delle province autonome delle funzioni ordinatorie demandate ai prefetti, fatte salve le esigenze di ordine e sicurezza pubblica;

che, a prescindere dai denunciati profili di inammissibilità in punto di corretta individuazione della norma censurata, la questione è manifestamente infondata;

che, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, il mancato o incompleto esercizio della delega non comporta di per sé la violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, salvo che ciò non determini uno stravolgimento della legge di delegazione (sentenza n. 149 del 2005 e ordinanza n. 257 del 2005; in precedenza, sentenze n. 218 del 1987, n. 8 del 1977 e n. 41 del 1975);

che, nel caso in esame, non è riscontrabile alcuno stravolgimento della legge delega, dovendosi anzi ritenere che la norma censurata sia conforme al criterio direttivo invocato dal rimettente;

che, infatti, il potere del prefetto di decidere sui ricorsi avverso le sanzioni amministrative pecuniarie relative a violazioni delle norme del codice della strada non rientra tra le funzioni ordinatorie che la legge delega voleva fossero trasferite dal prefetto al presidente della giunta regionale;

che il ricorso al prefetto, invece, si colloca sistematicamente nell’ambito dei rimedi di giustizia amministrativa e, in particolare, presenta la natura di ricorso gerarchico improprio, in quanto rivolto ad un organo che non è posto in un rapporto di superiorità gerarchica immediata e diretta rispetto all’organo emanante il provvedimento oggetto del ricorso, ma, comunque, abilitato dalla legge a provvedere;

che, pertanto, si può escludere che la funzione «decisoria» sui ricorsi amministrativi avverso gli atti di accertamento delle contravvenzioni al codice della strada sia ricompresa nell’ambito delle «funzioni ordinatorie» cui si riferisce la disposizione della legge delega assunta come norma interposta;

che, inoltre, sussistono anche quelle esigenze di ordine pubblico e sicurezza che, in base allo stesso criterio direttivo indicato nell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge delega n. 85 del 2001, consentivano al legislatore di derogare rispetto al trasferimento delle funzioni ordinatorie dai prefetti ai presidenti delle giunte regionali;

che, infatti, la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale costituiscono, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a), del codice della strada, attività di polizia stradale ai cui «servizi», a norma del successivo comma 3, provvede il Ministero dell’interno, salve le attribuzioni dei Comuni per quanto concerne i centri abitati;

che, dunque, l’attività amministrativa diretta alla prevenzione e all’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale è certamente riconducibile ad esigenze di ordine pubblico e sicurezza;

che alle medesime esigenze deve essere ricondotta l’attività decisoria del prefetto in ordine ai ricorsi amministrativi avverso tali provvedimenti;

che, infine, i soggetti legittimati all’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e all’applicazione delle relative sanzioni pecuniarie sono per lo più appartenenti all’amministrazione dello Stato;

che, infatti, ai sensi del successivo art. 12 del codice della strada, l’espletamento dei servizi di polizia stradale, tra i quali la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, spetta in via principale: al settore di Polizia stradale della Polizia di Stato; alla stessa Polizia di Stato; all’Arma dei carabinieri; al Corpo della Guardia di finanza; ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell’ambito del territorio di competenza; ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza; ai funzionari del Ministero dell’interno addetti al servizio di polizia stradale; al Corpo di Polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto;

che, dunque, l’attribuzione ai prefetti del potere di decisione in ordine ai ricorsi amministrativi avverso tali atti di accertamento non è irragionevole, risultando armonico al riparto delle competenze amministrative previsto dalla Costituzione, mentre non può ipotizzarsi, come auspicato dal rimettente, che tale potere «decisorio» di archiviazione o di riconferma rispetto a provvedimenti amministrativi sanzionatori emessi da soggetti appartenenti all’amministrazione dello Stato (quali la Polizia di Stato, i Carabinieri e la Guardia di finanza) sia trasferito ai presidenti delle giunte regionali.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), sollevate, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Albenga con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2013.